IL CONCLAVE ONLINE

E’ nera, la prima fumata, sbuffata alle sette di martedì 12 marzo dalla Cappella Sistina.

E ci mancherebbe altro, verrebbe da dire. Va bene un Conlcave lampo, ma a tutto c’è un limite: i cardinali sono entrati nella Sistina alle 17, e se avessero già eletto il Papa significherebbe che o si erano già messi d’accordo oppure che lo Spirito Santo ha fatto un colpo di Stato. Stato Città del Vaticano, si intende.

La fumata è stata nerissima. Giusto per essere chiari, ché nel 1978 ci si era lamentati che le fumate erano tutte grigie; a quei tempi, d’altra parte, si otteneva il fumo con la paglia. Adessso è cambiato tutto: niente paglia in Conclave, ma coloranti che rendano il bianco più bianco e il nero più nero.

Eppure domani mattina, teoricamente, la fumata potrebbe già essere bianca. Dipende, come sempre, da come si mettono le cose: nei primi giorni, sì sa, se la giocano i grandi favoriti; se prevale uno di essi, allora il Papa entro due giorni è fatto.  Altrimenti, i favoriti vengono bruciati ed escono fuori gli outsider.

Lo abbiamo visto l’ultima volta: “Se sarà eletto entro oggi – massimo domani, sarà Ratzinger, oppure Tettamanzi” avevo detto in radio la mattina del 19 aprile. Il pomeriggio di quello stesso giorno Ratzinger si affacciò dal balcone di San Pietro.

Oggi sappiamo come è andata: nelle prime votazioni, in realtà,  lo sfidante fu Martini; poi entrò in campo Bergoglio, ma senza vere chance. Così tutti convennero sul Decano.

Stavolta il primo della lista, lo sappiamo, è Angelo Scola, il delfino di Ratzinger – come Ratzinger lo era di Wojtyla.

Scola, dunque, è il candidato della continuità e lo vogliono – non a caso – gli italiani e i cardinali di Curia. Non lo vogliono assolutamente, invece, gli americani. E da questo punto di vista un ottimo compromesso potrebbe essere il brasiliano vicino alla Curia Scherer. Se invece gli Usa ottengono i consensi del resto del mondo, allora si potrebbe puntare su O’Malley o Dolan, oppure si va per le lunghe e si cerca il candidato a sorpresa.

Al di là dei pronostici, però, quello che è più interessante – di questo Conclave – è vedere come anche la sua stessa comunicazione sia cambiata, rispetto a otto anni fa.

Tra il 1978 e il 2005 era cambiato il mondo, dal 2005 al 2012, in fondo, è cambiato ben poco. Eppure è un Conlcave completamente diverso.

Otto anni fa, commentando da questo stesso computer (ma su un sito internet, e non su un blog) lo avevo chiamato Reality Conclave; un conclave figlio dell’epoca del Grande Fratello: iper-televisivo e iper-gossip, con i 115 cardinali rinchiusi e spiati dalle televisioni e i giornali.

I tempi, anche se in appena otto anni, sono cambiati, e quello del 2013 è il Social Conclave: ormai tutti o quasi tutti i cardinali hanno un loro sito internet personale, un blog, un profilo facebook o twitter. C’è persino chi – come il cardinale Sean Patrick O’ Malley, ha raccontato l’addio a Ratzinger in tempo reale, postando commenti sul suo blog (http://www.cardinalseansblog.org) e sul profilo Twitter, arrivando persino a pubblicare le foto fatte in Vaticano con il  i-phone (in fondo a questa pagina).

E non è solo una questione di tecnologia: anche chi non twitta e non posta come comunque commenta, esterna, dichiara, rilascia interviste. Non erano mai stati così loquaci i cardinali: hanno sciolto la proverbiale riservatezza per rivelare apertamente il tipo di aspettative e di discussioni in atto, e persino per commentare i pronostici che li danno per favoriti: alcuni in modo ingenuo, come gli africani, che anziché smentire si sono limitati a dire che la decisione andrà presa tutti insieme, altri con ruvido umorismo come il già leggendario cardinale di New York Dolan, che alle domande su una sua possibile elezione ha risposto: “Chi mi vede favorito ha fumato marijuana!”.

Senza dubbio, alla base di tanta iper-comunicatività da parte dei principi della Chiesa, c’è anche un atteggiamento più rilassato e festoso. In parte senza dubbio è dovuto alla mancanza della componente luttuosa, visto che per la prima volta si elegge un papa senza che ne sia morto un altro, anzi: Benedetto XVI è vivo e vegeto, sta benissimo ed è felice di essersi tolto dalle spalle questo peso.

Ma anche la scelta del suo successore fa meno paura: l’eredità di Wojtyla sarebbe stata difficilissima anche per il Papa più giovane e carismatico, quella di Ratzinger sarebbe leggera per chiunque.

La scelta di Ratzinger, otto anni fa, fu dettata proprio dalla paura, dalla certezza che chiunque si sarebbe affacciato a quel balcone sarebbe stato inadeguato, e allora andava scelto l’unico che a quel confronto poteva sottrarsi. Per certi versi Benedetto XVI è stato una sorta di amministratore apostolico della Chiesa, traghettandola tra due epoche.

Otto anni fa i 115 cardinali si aggrapparono al loro Decano, al braccio destro di Wojtyla, al membro più anziano e autorevole del loro collegio. Oggi, invece, la Chiesa se la vogliono prendere: hanno le idee molto più chiare su cosa vogliono e sono stati pronti a dirlo al mondo: quasi tutti i cardinali intervistati si sono spinti a tracciare un identikit ben preciso del nuovo papa.

Anche la richiesta stessa – fatta,  non a caso dai “grillini americani” – di vedere il dossier Vatileaks è particolarmente significativa.

I cardinali americani – e con loro, c’è da sperare tutti gli altri – vogliono vederci chiaro, vogliono un’operazione trasparenza: vogliono aprire il Vaticano come una scatola di tonno, un po’ come Grillo vuole fare con il Parlamento, fare piazza pulita dei vecchi che l’hanno gestita fino ad oggi in modo più o meno corrotto, e inaugurare una nuova era.

Insomma, per un singolare caso del destino, in Vaticano sta accadendo esattamente quello che sta accadendo nel Parlamento italiano: un braccio di ferro tra il nuovo e il vecchio, tra chi sussurra nelle segrete stanze e chi grida dai tetti, tra forze nuove (e anche spiritose) e stagionati professionisti. Entrambe le fazioni devono  scegliere un leader che ci faccia uscire dalla crisi e ci porti nel futuro.

Se ce la faranno – I “Cardinali a Cinque Stelle” –  in Vaticano, grazie a Dio, però, non  lo decideranno solo i giochi politici tra i vari “partiti” (Curia, italiani, americani, europei, resto del mondo) ma  anche – e soprattutto – lo Spirito Santo. Almeno speriamo.

 

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