D U E

Coprifuoco a mezzanotte. Una, il limite massimo per non essere ripudiata dalla famiglia con inclusa esposizione alla gogna condominiale.

L'appuntamento era alle nove e mezza alla casa di campagna di Roberta, per vedere le stelle cadenti.

Aprì il portone e la guardai: splendente come una stella. non l'avevo mai vista così bella, e l'avevo vista solo tre ore prima.

Non so perché, mi faceva questo effetto. Ogni volta che la vedevo mi sembrava che fosse più bella: truccata, struccata, pettinata, capelli scioli, stanca o allegra che fosse. Da più di un anno ormai mi succedeva. Dove saremmo arrivati?

"A casa di Roberta – disse lei – con Alessandro, Max, Chiara, Daniela e gli altri".

Era da un po' di tempo che non passavamo qualche ora da soli, solo noi due. Cominciavamo a sentire questa mancanza di intimità.

I primo tempi non avevamo quasi amici in comune e uscivamo sempre soli. Mattina a correre, pomeriggio a passeggiare o la sera al cinema, eravamo sempre, comunque solo noi due. Parlavamo, ci confidavamo, ci raccontavamo episodi ancora inediti delle nostre vite, discutevamo, anche animatamente, di questioni di ogni genere. Spettegolavamo pure, ogni tanto, perché no, delle nostre amicizie comuni e non solo. qualche volta conoscevamo di persona un amico dell'altro e già sapevamo alla perfezione il suo carattere, i suoi precedenti sentimentali, i suoi problemi.

Ci baciavamo e imparavamo lentemente a conoscere i nostri corpi. Entravamo in una confidenza fisica e spirituale sempre maggiore.

Io non le dicevo quasi mai "Ti amo" e nemmeno lei lo faceva spesso. Anzi, lo evitava più di me perché sapeva controllarsi meglio.

Sembrava fosse una parola troppo grande, all'inizio, troppo piccola, poi.

A volte non resistevo, perche quando guardavo quei suoi occhi così grandi e luminosi, quando la stringevo a me e sentivo i battiti del suo cuore e un'energia potentissima entrare in tutta la mia persona quelle parole mi fuggivano dalla bocca. A volte le gridavo, a volte le sussurravo. A volte lo dicevo una volta sola, più lentamente che mi riuscisse, altre volte la mitragliavo a raffiche di tiamotiamotiamo. E sempre sentivo l'esigenza di scandire ogni sillaba, cercavo un modo per dimostrare che quella non era una frasetta romantica da libri harmony o baci perugina, ma un concetto immenso che a causa di questo maledetto linguaggio vocale fatto di parole sempre le stesse doveva chiudersi dentro un'unica e banalissima frase.

"Ma come fanno – le dissi una volta – quegli imbecilli a scriverla su biglietti prestampati per gente che nemmeno conoscono e rapporti che non possono nemmeno immaginare?".

"Lo fanno perche ci sono imbecilli che li comprano, quei foglietti prestampati".

Non riuscivo ad amarla, quella frase, ogni volta mi sembrava di ripetere una cosa udita mille volte, scritta ovunque, persino sui titoli dei libri, mille volte ascoltata, mille volte abusata anche da me per esprimere concetti molto più elementari.

Ti amo come fosse mi piaci. Ti penso. Godo nell'averti vicino. Mi acceleri
i battiti cardiaci. Ti penso molto. Cazzo. Gradirei baciare le tue labbra
.

Vedi quante ce ne erano e ce ne potevano essere, di frasi alternative, anziché abusare di un concetto così più elevato ed esteso! Come chiamare chitarra una corda, computer un tasto, musica una nota. "Ti amo", ma VAFFANCULO, Ridge! Ti amo, dillo ai tuoi miliardi da divo, ti amo! Idiota!

Bestemmiate! Sì, perche è scritto NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO, e cos'altro è Dio se non AMORE?

Non posso esprimere un concetto così infinito con una frase così vergognosamente utilizzata per esprimere le peggiori banalità.

Allora cercavo un altro linguaggio, ma nemmeno frasi come Je t'aime, I love you o Te quiero potevano fare molta differenza, anzi, erano ancora più artificiose essendo estranee al nostro linguaggio. Ancora più frasi fatte. Certo che Unifgraeerndlainalerfironajunguarrigujak era indubbiamente più originale, visto che si usava solo in Groenlandia, ma era anche un tantino difficile da ricordare. Arrivammo persino ad inventarci un nostro linguaggio, e ti amo veniva fuori Yoyo lokaka goti, ma era semplicemente ridicolo, e capimmo anche, allora, che il limite non era nel linguaggio, ma nelle parole. Era un concetto che si esprimeva molto meglio nei nostri abbracci.

Lo leggevo nei suoi occhi, quel concetto così difficile ad esprimersi in parole, ed era così bello vederlo che mi incantavo a guardarli, quegli occhi, e piangevo, piangevo di fronte a quell'amore così bello e così intenso.

Lei nei primi tempi non capiva, pensava che avessi qualche problema, che fossi triste, si preoccupava. Ma perché allora sorridevo così?

Poi capì. E la vidi commuoversi anche lei, di fronte al mio sguardo: impazziva di felicità, mi stringeva al collo e mi riempiva di baci.

Arrivammo a casa di Roberta e c'erano tutti gli altri. Ci stendemmo sul prato e alzammo gli occhi al cielo.

Le stelle.

                                           In cielo l'hai formate, clarite, pretiose et belle

            Che meraviglia

                                            "E spegnete quella luce!".

La mia testa era appoggiata sulla sua spalla. La sentivo respirare lentemente. Avvertivo il suo sorriso.

               "Chiara e Luca, dove vi siete infrattati?"

               "Siamo qua, siamo qua", "che è 'sto silenzio?"

                "A zozzi!"


Un tappeto enorme di velluto blu tempestato di diamanti.

Uno spettacolo a 360 gradi.

                              "E finitela co' 'sti popcorn!"

 

"Io credo che le stelle siano le anime di tutte le persone che ci hanno lasciato, che ora sono lassù e ci guardano" disse Paola.

                                                  "Guardate, quello è Giove"

                                      "A scì? E Stroncone 'ndo sta?"

                       "Aò, dellà ce sta Cesi!".

                                      "E Boccaporcu?"

                                       "Che cazzu c'endra Boccaporcu?".

                       "Annamo un po' a pijà lu gelato a Poscargano"

                       "Annamo a magnà lu pane a Strettura!"

                       "E zitti 'mbò!"

               "Eccola! Eccola! Eccola!"

                            "Dove?", "là?", "E' passata!"

Grida di giubilo, urla suine.

                             "L'avete espresso il desiderio?"

Sì, che la fate finita con queste cazzate.

                                      "Ma fa crick o fa crock?"

                             "Passate un po' 'sto binocolo!"

Sembra di stare alla prima notte del campeggio di terza media. Ci mancano solo i "grandi" che ci vengono a sgridare e fanno ancora più casino.

Le stelle offese da tanto chiasso sembravano ritirarsi dal mio cuore. Non riuscivo più nemmeno a guardarle: la mia mente era piena di popcorn, di coppiette appartate, di Orsa Maggiore e Orsa Minore, che poi sarebbero Yogi e Bubu dopo l'operazione.

Cominciavamo a sentirci un po' insofferenti. Ce lo dicevamo sottovoce. Non ne potevamo più di questo casino. "Andiamo?" mi faeva lei. "Sì" rispondevo io, restando fermo.

"Sì – dissi alla fine – è proprio il caso di andare".

Scusate tanto, ci siamo appena un po' rotti i coglioni delle vostre stronzate da tredicenni, se non vi dispiace ce ne andiamo in un posto un po' più silenzioso.

"E vai con un'altra coppietta all'infratto!" risuonavano le soavi voci nell'aria.
"I piccioncini si ritirano nel loro nido".

Ci sedemmo sul prato senza telo, jeans sulla terra, capelli tra l'erba. Pelle a pelle con il mondo. Soli. Finalmente. Silenzio.

Liberi di perderci nel cielo.

 

Vorrei abbracciarti forte. Baciarti ed entrare in contatto fisico con te.

Guardarti negli occhi, Amore. Ma per quanto io ti abbracci forte, e con quanta passione posso baciarti, è come se stessi lottando contro una barriera che mi impedisce di entrare dentro di te, una barriera fatta di corpi, di carne.

Ti stringo forte, quasi disperatamente, e più forte ancora. Ma questi corpi sono separati, possono congiungersi ma non unirsi.

Ti guardo negli occhi e il mio sguardo entra nel tuo cuore, e il tuo cuore entra nel mio.

Tu sei parte di me e io sono parte di te.

"Lo sai – ti dico stringendoti intensamente – lo sai? E una sensazione incredibile averti vicina. E come… è come aver trovato l'altra metà del mio cuore.

Un tempo, una volta, credetti che non avrei mai trovato l'anima gemella, l'altra metà di me. Ho pensato che forse io non ero nemmeno metà, che forse ero un quarto, forse un tre quarti, ma che non avrei mai trovato chi potesse combaciare con me. Invece, sì, c'era. In te ho trovato la combinazione della mia vita".

"La chiave – mi dici tu – Sei la chiave del mio cuore".

Te la ricordi, la tua vecchia amica. Quanto era diversa, piena di barriere, di corazze. Di freni, di blocchi assurdi! Mi hai liberato. Tu".

Silenzio.

Sì, ci incastriamo alla perfezione.

"Lo sai" dico.

E basta. E un altro modo per dirtelo.

Ti stringo ancora. Ti sento in me.

MI AMI

dico.

E forse è più originale di ti amo, ed è equivalente, per noi.

Perché questo non è un amore univoco. Non è un amore che parte da uno e finisce in un altro. Non è un amore che ci scambiamo.

E un amore unico, che condividiamo.

CI AMIAMO

ecco ciò che è.

E l'Amore che ci lega e ci unisce. Che abbiamo scoperto insieme. Che stiamo scoprendo insieme. Ci amiamo.

TUTTO

mi dici tu.

Tutto, un altro modo per dircelo. Meno limitato.

Due dita cì collegano. Si sfiorano appena.

Siamo stesì sul prato. Non ci guardiamo ma è come se stessìmo facendo l'amore. Un dito appena, perché basta.

O forse perche serve. Abbiamo bisogno almeno di questo, legati come siamo al nostro corpo fìsìco.

Guarda il cielo. Guarda come brilla.

Si tratta di enormi palle di fuoco che ardono a miliardi di anni luce da noi.
Probabilmente la maggior parte di loro sono già morte da secoli.

No, non è vero. Sono le luci di questa grande cupola che ci sovrasta.

"Perche Dio ha creato le stelle?" le chiedo.

"Perche sono belle da vedere" mì risponde lei.

E se ognì stella fosse veramente l'anima di qualcuno?

Se ognuno di noi avesse una stella tutta per se', lassù, in qualche angolo della volta celeste?

Ecco una scia fulminea, una cometa istantanea brillare per un secondo nel cielo.

Finché sei qui accanto a me non posso esprimere nessun desiderio.

                     E mi dico

                              e se fossi veramente realmente
                                                          spudoratamente sdolcinato?

                                 "mi piaci, pupa, sei forte"
                                
                                 indubbiamente più macho.

                 "Sì, va bene, insomma, sto bene con te, mi vai a genio"

                                               più sobrio?

"yaaaaahuuuuuuuuu! "

                                più allegro e scanzonato?


"Cosa sono le stelle cadenti?"

"Sono delle minuscole meteore, grandi anche un millimetro, che entrando nell'atmosfera si incendiano e provocano questo fortissimo bagliore"

"Allora è perfettamente inutile che sto ore a fissare una stella aspettando che cada!"

"Eh sì "

"Porca puzzettaccia, sono anni che lo faccio puntualmente ogni dieci agosto!"

Vedi quanto è ignorante l'uomo. Chiama stelle tutto ciò che vede nel cielo. Meteore, corpuscoli, polveri, comete.

                e quanto è poco romantica la scienza.

Eccone un'altra. Che meraviglia

Ma non c' è il rischio che ce ne cada una sulla testa e ci brucia tutti i capelli?

"Sì, ho sentito di un tizio che è morto perche gli è caduta una stella in fronte e gli ha bruciato il cervello.

Scemo! Si consumano a decine di chilometri prima di toccare terra!".

Silenzio.

                   Cupola celeste.

                                          Brillate
              
                                                       meraviglia.

D'improvviso pronunciai il suo nome.

Rimase meravigliata.

"Da quanto tempo è che non mi chiamavi per nome?"

Non lo so. Da tanto.

Forse perché ormai non c'è più bisogno. Forse perché siamo abituati ad appellarci con nomignoli e soprannomi noti solo a noi.

Forse perche avevo capito che noi non siamo quello che ci chiamiamo e avevo attribuito al suo nome l'importanza che aveva, nel nostro rapporto.

"Pensavo – dissi – le stelle… sono lontanissime l'una dall'altra. Questo è molto triste".

"Nell'Orsa Maggiore – disse lei indicandomi la costellazione – c'è una stella piccolissima. Una lucina fioca fioca. A occhio nudo si vede anche male. Ma se prendi un telescopio e la osservi da lì l'immagine ti si sdoppia e ti accorgi che in realtà sono due stelle. Piccolissime. Unite in un'unica luce".

Guardai. Cercai quelle stelle gemellate nell'immenso panorama di miliardi di luci, mi persi nel cielo. Nello spazio.

E sentii come una nostalgia. Nostalgia dell'immenso che avevo davanti. Prigioniero di ciò che era questa intollerabile fisicità. Di tutto ciò che è la nostra vita.

Guardando quella semplice meraviglia eterna e infinita ebbi la percezione di quanto è stupida questa vita fatta di praticità, di palpabilità, di materialità.

                                                     Vanità di vanità


 
                                     È TUTTO QUI

Siamo un branco di microbi che lottano per un elettrone.

Siamo un sassolino che si preoccupa della posizione più vantaggiosa che può trovare nel deserto. A costo di cambiare colore, forma, natura.

Non mi voltai a guardarla perche la sentivo dentro.

Non le parlai perche ascoltavo il suo pensiero e sapevo che anche lei percepiva il mio.

Eccoci. È tutto qui.

E una stella si fece più grande.

                          E anche le altre si ingrandirono.

Mi sentii sempre più trasportato in quell'immenso UNIVERSO.

Mi sentivo più leggero. sentivo scivolare via tutte le preoccupazioni gli esami da preparare
           
             le vacanze da organizzare

                     le malattie

                                                                l'inquinamento, l'ecologia

                   la politica                       le amicizie difficili

                 i           contrasti                      generazionali      con     i          miei

la chiesa la religione

                                   rapporti da recuperare

               problemi da risolvere                              le siringhe per terra                  

             la politica          gli errori         le ingiustizie       lo   sporco

                          l'ambiente                                                    la povertà

               i libri da leggere                          racconti da scrivere
                                                    
                                                              le vipere in agguato

 

tutto scivolava via lasciando il posto ad una felicità fatta di essenza pura e totale

vedevo lo spazio sempre più chiaro sempre più nitido e definito

le case, gli alberi le montagne e tutto ciò che faceva da cornice a quello spettacolo scivolava via.

Restava l'INFINITO.

L'assoluto.

La guardai. Era bellissima.

ma non era la bellezza che conoscevo. e nemmeno la bellezza che stavo scoprendo giorno dopo giorno.

Era qualcosa di nuovo e familiare. Sconvolgente e Conosciuto.

Era LEI.

             Non quel volto, quelle labbra, quei capelli, quei nei,

                                    una gran bella ragazza, per carità,

                       ma era qualcosa di PIU'

Qualcosa che già sapevo non per conoscenza diretta

Qualcosa che fino ad allora avevo solo intuito e che ora mi si rivelava pienamente

Era qualcosa di meraviglioso. Splendente. Materialmente si direbbe nulla

         era TUTTO.

         Semplicemente.

                              Immensamente

Il suo sguardo non aveva occhi, il suo sorriso non aveva labbra la sua
bellezza non aveva volto.

                                    Tutto era Totale

Mi sentivo sempre più immerso nell'Universo, sempre più leggero, sempre più libero.

Guardai in basso e vidi due corpicini sdraiati a terra rivolti verso noi.

                           guarda là mi disse lei la parte materiale di noi

Erano i nostri corpi stesi a terra. Lontani un chilometro da noi. Più in là c'erano i nostri amici

ancora intenti a dire

Tutto si faceva più lontano. La luna era sempre più grande, le stelle sempre più vicine.

Stavamo volando sempre più in alto.

La cosa più incredibile era che Non Avevo Paura. Per niente.

Fluttuavo a migliaia di metri da terra e non avevo paura di cadere, di precipitare all'improvviso.

lo, che non sono mai salito su un aeroplano, che avevo paura anche in seggiovia.

Ero fuori dal mio corpo e non avevo paura di essere morto. Che la vita fosse finita. No.

Era tutto così incredibilmente naturale. Spontaneo. Era tutto così meravigliosamente bello.

Salivamo sempre più in alto, vedevamo le città farsi un brulichio di luci, sempre più lontane.

Attraversammo le nuvole, soffici come panna, ce le lasciammo dietro.

Continuavamo a salire, l'ltalia sempre più piccola, l'Europa sempre più lontana, la Terra sempre più rotonda. Fino a diventare un pallone, una palla, una biglia, e scomparire nell'Universo come un granello di sabbia nel mare.

Le stelle ci circondavano, completamente ora immersi nello Spazio.

Una sensazione sempre più sublime di Felicità, di Realizzazione Completa.

Lei sorrideva. Gridava di gioia nella mia anima. Cantavamo di Amore accompagnati dalla musica stellare. (e stonato come sono il mio suono era sublime)

Era sempre più vicina. Sentivo di penetrare sempre più in lei e lei in me.
Sempre più Uniti.

Una Luce sempre più potente ci circondava.

Immersi nell'Assoluto anche noi contribuivamo ad illuminare il vuoto del cielo.

Sentivo sempre più appagato il mio cuore perche l'abbraccio sempre più stretto non aveva finalmente più barriere fisiche ne' psichiche. Il nostro Spirito puro poteva finalmente unirsi in una cosa sola.

Sentii per la prima volta di non essere solo nell'Universo.

                                                                                Veramente

Non ero più solamente una metà, ma Uno

Uno spirito pieno.

Che cosa sarebbe successo poi?

Ci saremmo risvegliati nel letto di un adolescente timido brufoloso e complessato innamorato perdutamente e segretamente della sua compagna di banco?

O in quello dell'acerba tredicenne che se avesse saputo che quel ragazzo che nemmeno conosceva era l'altra metà di se stessa avrebbe risposto chi quel ragano scemo?

E certo neanche lui avrebbe avuto parole tanto più gentili per lei.

Forse ci saremmo risvegliati in un mattino di metà agosto, infreddoliti e pieni di formiche, fradici i vestiti di rugiada, stesi su un prato senza neanche una coperta. Genitori furiosi e angosciati, problemi quotidiani e umane incomprensioni.

O saremmo invece rimasti per l'eternità laggiù, nel nostro posto, Stella luminosa all'interno dell'Universo. Noi due, Uno.

agosto 1997

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