WOODY ALLEN MINUS HABENS?

E’ piuttosto amaro vedere due dei più grandi geni comici del cinema mondiale per la prima volta insieme per uno dei peggiori film della storia del cinema mondiale, che non fa nemmeno ridere.

Non mi è mai piaciuto Woody Allen, lo ammetto. E preciso anche che non ho mai visto i suoi capolavori, perché di solito i film li vedo al cinema e di conseguenza ho iniziato a conoscere Allen a partire da Pallottole su Broadway. Fatta eccezione per Harry a pezzi, nessun suo film mi ha entusiasmato, ma nemmeno mi ha fatto schifo. La gran parte mi ha lasciato indifferente. Li ho trovati esercizi di stile, ben fatti e gradevoli ma autocompiaciuti e incapaci di trasmettermi qualsiasi emozione o di arricchirmi. Per questo – più o meno dopo La maledizione dello scorpione di giada – ho smesso di andarli a vedere.

Mezzanotte a Parigi, però, mi aveva incuriosito per la trama. Sono andato a vederlo, e per la prima volta ne sono uscito del tutto entusiasta. Per la prima volta un film di Woody Allen mi ha emozionato, divertito veramente, mi ha fatto sognare. L’ho trovato il più bello in assoluto tra quelli che ho visto. Non vi stupirete, quindi, se – Roberto Benigni a parte e recensioni negative nonostante – sono andato a vedere To Rome with love con interesse ed entusiasmo.

Si può cadere dalle stelle alle stalle?

Questo è ciò che ho visto:

– un soggetto con cui si potevano tirare fuori al massimo due deliziosi spot pubblicitari, al massimo due videoclip, due cortometraggi da un minuto e mezzo.
– Una sceneggiatura “telefonata”, che riesce ad essere allo stesso tempo senza né capo né coda e prevedibile dalla prima all’ultima scena.
– Dialoghi imbarazzanti che sembrano scritti dagli autori di “Gli occhi del cuore”, “Medical Dimension” e “Natale con la casta”
– Una colonna sonora che ricorda le commedie scollacciate degli anni ’70, mescolata a tutti i grandi classici della musica italiana da turista in vacanza.
– Fotografia da cartolina da due euro.
– Scenografie che riescono a banalizzare anche i luoghi più belli e poetici.
– Attori TUTTI allo sbando e fuori parte. Riescono a recitare male anche i più bravi, eccetto quella bellissima e geniale artista spagnola che proprio non ce la fa, a recitare a cazzo di cane.
– Doppiaggio terrificante, eccetto sempre la geniale attrice spagnola che si doppia da sola.
– Regia del tutto assente.

L’episodio di Roberto Benigni si basava su un’idea molto carina, anche se non particolarmente originale. Scritta bene, però, poteva diventare irresistibile. Invece, tra la sceneggiatura stesa coi piedi e l’orrendo contesto in cui è inserita (ovvero il resto del film) si perde tra banalità, dialoghi inutili, sketch non riusciti.  Il talento comico di Benigni non viene minimamente sfruttato. Avrebbero potuto mettere chiunque al suo posto, anche Antonio Zequila, e non sarebbe cambiato nulla. Benigni non ha mai azzeccato le sue performance da attore (basti pensare a Il figlio della pantera rosa o Asterix) ma stavolta ha davvero toccato il fondo. In confronto Pinocchio è un capolavoro.

L’episodio con Woody Allen aveva un’idea geniale alla base. Ma come detto: ci si poteva fare un corto, uno spot. Non un film. Pessimo, e nonostante tutto, il migliore del film (almeno per l’idea e per la presenza di Allen. Almeno chi lo apprezza come attore può godersi una carrellata deii tutti i suoi tic. D’altra parte, meglio vedere Allen che fa Allen, piuttosto che vedere i suoi attori che lo imitano. L’unico che non lo imita è proprio Benigni. Peccato, almeno quella poteva essereuna cosa curiosa da vedere).

L’episodio con Alessandro Tiberi e Penelope Cruz è tra i più imbarazzanti. La sceneggiatura è degna di un film di Lino Banfi o di un cinepanettone. Solo che almeno, i cinepanettoni, fanno ridere. Penelope Cruz è straordinaria, ma non può da sola salvare da sola il film, così come Kim Rossi Stuart non poteva salvare da solo Pinocchio.

L’episodio con Jesse Eisemberg e Alec Baldwin, infine, è davvero il peggio del peggio. Baldwin, in effetti, non si capisce che deve fare: nel senso che non si capisce proprio chi sia il suo personaggio: se un personaggio reale o una sorta di angelo custode del protagonista. Ma questo è il minimo. Il problema sta nella sceneggiatura “telefonata” dalla prima all’ultima battuta. Siamo almeno dieci gradini al di sotto di Centovetrine.

In conclusione: demenza senile? Autore minus habens? O semplicemente money rising senza pudori?

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2 commenti su “WOODY ALLEN MINUS HABENS?

  1. arnaldocasali il said:

    veramente sono proprio i fan più accaniti di Woody Allen a odiare le sue ultime opere… io, lo ripeto, ho amato moltissimo Midnight in Paris

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