THE HOLE IN 3D

Lo dico subito: io sono uno di quelli che quando vede un film horror si copre gli occhi appena la musica sale. E da quando ho scoperto che la musica, spesso, mette più paura delle immagini, mi tappo anche le orecchie.

Sono andato a vedere The Hole in 3d perché non me lo volevo perdere. La mia compagna abituale di visioni cinematografiche, lo avevo capito, non sarei riuscita a portarcela entro i termini prescritti dalla programmazione. Così ieri sera, sono passato davanti al cartellone per caso, ho guardato l'orologio, e sono entrato. Così, senza pensare.

Se avessi saputo che ero l'unico spettatore in sala, però, velo garantisco, non sarei entrato.

Non mi era mai capitato di essere così terrorizzato. Roba da passare metà del film girato dall'altra parte e con le orecchie tappate. E l'altra metà a guardarmi intorno, implorando di scorgere un volto umano o temendo di scorgerne uno demoniaco.

E invece no, ero completamente solo. E in 3d, per giunta.

Roba che all'inizio del secondo tempo ho tenuto aperta la porta della sala per almeno cinque minuti. Così, giusto per fare entrare un po' di luce.

C'è bisogno che aggiunga che alla fine, col cavolo che sono andato in bicicletta al mio paesino, nella mia solitaria dimora, e ho optato per casa dei miei? C'è proprio bisogno che lo dica?

D'altra parte, anche se la mia cuginetta dice che The Hole è una cagata pazzesca demodé e non mette paura affatto. Io, invece, rivendico la paura.

Perché The Hole non è un film di paura. E' un film sulla paura.

Lo capisci solo alla fine, ma lo percepisci per tutto il film. Perché non ci sono assassini, né mutanti né fantasmi, in questo film. Ci sono paure ataviche. C'è la paura che cova dentro ognuno di noi e che prende le forme più svariate.

L'idea di base, così semplice è banale, è anche così profondamente profonda: Il buco. Un buco che non bisogna aprire, insinua il regista all'inizio del film, perché non si sa cosa ne potrebbe uscire.

Il Buco è il vaso di pandora, è l'arca dell'alleanza, è il pozzo dell'inferno. Insomma, è il classico pretesto-stereotipo per il classico teen-blood, horror da adolescenti.

Perché è così che parte The hole, come il più classico horror adolescenziale americano, con i classici personaggi e le tipiche situazioni da horror adolescenziale americano, da Nightmare a Venerdì 13.

Ma se c'è Joe Dante, alla regia, tu lo sai che non sarà mai qualcosa di banale. Lo sai. Joe Dante è una garanzia, come Steven Spielberg. E' uno capace di toccare un big mac e trasformarlo in caviale.

Uno che ha fatto Gremlins, Salto nel buio e Small soldiers tu lo sai che la fregatura non te la rifila.

E così è. Quel buco, no, non è il pozzo dell'inferno che va tenuto chiuso: tutto al contrario, quello è il buco della nostra coscienza che va aperto ed esplorato fino in fondo per vincere le nostre paure.

Non c'è d'aver paura che della paura. Questo, fondamentalmente, è il senso del film. E anche la botola più banale può diventare terrificante, se non abbiamo fatto i conti con le nostre paure più profonde.

Una delle cose migliori di questo film è che – a differenza di tutti i film fantasy americani – spiega terrore, trucchi ed effetti speciali con la psicologia profonda dell'uomo e non con incantesimi idioti o cimiteri indiani.

Per questo The Hole è un grande film, che inizia alla Wes Craven e finisce alla David Lynch.

Un film bello. Da paura.

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