NON HABEMUS PAPAM – il gran rifiuto di Nanni (di fare un capolavoro)

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Due premesse. Prima, sono un uomo di Curia. Non sono un cristiano, un cattolico praticante, un bigotto, un devoto, un bacchettone. Sono proprio un uomo di Curia, un Vaticanista piuttosto esperto ed entusiasta. Tutto ciò che riguarda papi, cardinali e monsignori, che si tratti di misteri o di conclavi, suscita il mio interesse e il mio entusiasmo.
 
Seconda premessa: sono un morettiano oltranzista e fanatico.
Conosco a memoria ogni suo film, il suo cinema e la sua stessa personalità fanno parte della mia formazione e sono stati sempre fonte di ispirazione.
 
Dirò di più: ho debuttato in teatro come attore, a 17 anni, interpretando il ruolo di Celestino V in L’avventura di un povero cristiano. E Celestino V, per chi non lo sapesse, è il papa del “gran rifiuto”, alla cui figura si è dichiaratamente ispirato Nanni Moretti per la sua nuova opera.
 
Questo premesso, se ho apprezzato Aprile, ho amato La stanza del figlio e ho adorato Il caimano, mi pare evidente che Habemus papam per me, da prima ancora che fosse girato, era già il film dei film.
 
Ora qualcuno dirà che le grandi attese sono inevitabili premesse di delusioni. E dirà una cazzata. Perché questo è solo un luogo comune, e ne ho le prove: l’anno scorso, proprio di questi tempi, uscì Sul mare di Alessandro D’Alatri, altro film da me iper-atteso perché diretto da un altro mio mito cinematografico e tratto da un libro che avevo amato moltissimo. Il film non solo non mi deluse ma riuscì a stupirmi..
 
Ebbene, Habemus Papam è un film straordinario: ha un’idea geniale, degli attori fantastici (Jerzy Stuhr, Camillo Milli, Renato Scarpa, Roberto Nobile, oltre che Michel Piccoli, Nanni Moretti e Margherita Buy), scenografie e costumi imponenti e una serie di sketch irresistibili.
 
Per essere un capolavoro gli manca solo una cosa: una storia.
 
Perché l’ultima opera di Nanni Moretti ha solo questo difettino, che però – per un film – non è cosa da poco: e, cioè, è senza né capo né coda.
Di fatto, per tutto il film non succede assolutamente niente: si tratta solo di una successione di sketch, peraltro in buona parte frivoli e privi di reale spessore drammaturgico. Niente di nuovo, dirà qualcuno: tutti i film di Nanni Moretti – o quasi – hanno questa struttura: da Io sono un autarchico e Ecce bombo da Caro diario a Aprile.
 
Sì, è vero. Solo che questa volta non siamo alle prese con Nanni e la sua opinione sul mondo, ma con il Papa e il suo senso di impotenza di fronte al ruolo che gli è stato chiesto di ricoprire. Ed è un tantino diverso.
 
L’impressione, allora, è che Nanni Moretti sia caduto nello stesso tranello su cui è inciampato, dieci anni fa, il suo iper-collega Roberto Benigni, che forte del successo di La vita è bella volle confrontarsi con Pinocchio. Tragico passo falso, perché un non-regista come Benigni può cavarsela egregiamente finché fa sé stesso, ma confrontarsi con un gigante come l’opera di Collodi senza una sola idea registica è un suicidio artistico.
 
Nello stesso errore è caduto il non-sceneggiatore Nanni Moretti, che ha pensato di potersi confrontare con un tema complesso e delicato come quello del pontificato rifacendo l’ennesimo Michele Apicella.
 
Certo, con un po’ di malizia e cattiveria, si potrebbe dire che l’impressione che Habemus Papam dà, è che il nostro era talmente convinto della genialità della sua idea, che non ha sentito nemmeno la necessità di costruirci sopra una sceneggiatura vera e propria.
 
Di fatto, come dicono in questo caso gli addetti ai lavori, Habemus Papam è un cortometraggio gonfiato a un’ora e quaranta. Se fosse durato venti minuti  – i primi quindici e gli ultimi cinque – sarebbe stato perfetto. A rovinare quest’opera sono gli ottanta che ci sono in mezzo, e in cui non succede assolutamente niente: da una parte c’è il papa che gira, in incognito, per Roma (ma senza nemmeno un episodio abbastanza significativo da giustificare la trovata), dall’altra Moretti che gioca a scopa con i cardinali e li coinvolge in un torneo di pallavolo. Idea simpatica, ma su cui il regista insiste troppo inseguendo – come aveva fatto già in Aprile – il suo narcisismo e perdendo di vista la struttura del film.
 
Il soggetto stesso del film è un bluff: ce lo hanno spacciato per un film che parla di un papa che va in psicanalisi da Moretti. Ma non è vero: questo è solo l’inizio del film, solo il pretesto per far entrare Moretti in Vaticano e fargli fare il “Moretti in Vaticano”, ovvero l’ennesima variazione sul tema di Bianca, Palombella rossa, Caro diario.
 
Si tratta di un film talmente esile che anche le critiche nel merito sembrano quasi fuori luogo: l’Avvenire ha criticato la mancanza di Dio. I cardinali fanno di tutto, nelle loro stanze: la cyclette, i puzzle… ma nessuno prega. E’ vero. Io avevo notato invero un altro aspetto che mi aveva fatto giudicare il film non realistico: i cardinali in conclave, pregano anziché intrallazzare.
Nessuno di essi è dotato di un minimo di brama di potere: sono tutti amici, si vogliono bene e si preoccupano per il nuovo papa. Ci fosse uno che rosica per aver mancato l’elezione, o che si prepara alla successione…
 
E allora è vero quello che ha scritto Avvenire: Moretti racconta la sua visione della Chiesa, e non la Chiesa reale! Ma è una Chiesa, quella di Moretti, fin troppo idealizzata.
 
D’altra parte il ritratto del Vaticano e del Conclave fatto da Moretti ha assai poco di realistico: dal ruolo delle guardie svizzere a quello del portavoce (il personaggio dello straordinario Jerzy Stuhr, di fatto, oltre che direttore della sala stampa, assolve anche al ruolo di Segretario di Stato e di segretario del papa) fino alla totale assenza dei segretari personali dei cardinali. Nella realtà Melville (niente a che fare, a dispetto del nome, con la metafora della “Balena bianca”) non sarebbe stato solo così come lo vediamo. Ogni vescovo è sempre seguito dal fedele segretario, che – quando va bene – finisce per diventare a sua volta cardinale (vedi il caso di Dziwisz).
 
Ma ripeto, non è questo il punto. Il punto è la mancanza totale di approfondimento. L’immane turbamento del nuovo papa, di fatto, rimane in superficie, così come tutti i discorsi teologici (quello, ad esempio, sull’esistenza dell’inferno) restano appena abbozzati. Anche la psicoanalisi non viene affrontata seriamente, ma solo sbeffeggiata e parodiata. Tutti i personaggi, protagonisti compresi, si riducono a macchietta.
Per non parlare di spunti interessanti lasciati morire come il rapporto tra lo psicanalista e l’ex moglie e scene totalmente prive di ogni senso come quella nel teatro…
Insomma il film è davvero scritto male e anche nei suoi aspetti migliori rappresenta un passo indietro rispetto al Caimano: anche lì l’idea di base (il film su Berlusconi) non era fortissima, ma Nanni ci aveva aggiunto due ingredienti molto forti (il tema del divorzio e quello del cinema trash) per completarlo. Ingredienti che questa volta non ha voluto o non ha saputo trovare.
 
Alla fine, il risultato è una gigantesca occasione persa. Esattamente come quella del cardinale Melville.
 
Anche Nanni, questa volta ha abdicato. Al capolavoro.

 

 
     

Postilla

 
Perché Habemus il peggior Moretti – risposta a Federico Pontiggia, che sul Cinematografo scrive:
 
“Habemus” il migliore Moretti: ecco dieci motivi per crederlo

 
1)E’ un film di Moretti, ma Nanni attore c’è e non c’è: in altre parole, stavolta si sposta e ci fa vedere il film. Un esempio, vi ricordate Il Caimano? Nel finale, Nanni non resisteva e si sostituiva a Elio De Capitani nei panni di Berlusconi: qui, viceversa, “non ho mai pensato di poter interpretare io il Papa”, affidato a un grandissimo Michel Piccoli, che rifiuta la ragion di Stato e si fa elegia della vecchiaia, dell’umano troppo umano.
 
E’ esattamente il contrario. Nel Caimano Nanni, pur interpretando – formalmente – sé stesso, si cimentava con il ruolo nientemeno che di Berlusconi, e lo faceva in modo estremamente serio e credibile. Insomma dopo averci ubriacato di sé stesso per due decenni, Nanni faceva finalmente l’attore, esattamente come ne La stanza del figlio. Qui, invece, fa un passo indietro di quindici anni e torna a propinarci i suoi tic e le sue manie. Ci mancava solo che offrisse la Sacher ai cardinali…
 
2) Perché è il sequel del Caimano, ma giocato tre metri sopra il cielo della cronaca spiccia, del verbatim rubato al Palazzo e, anche, della fantapolitica che pure si trasforma in realtà (vedi appunto Il Caimano). Habemus Papam è un film politico, ma nell’accezione più alta, più “nascosta” del termine:  il Papa oltre il Caimano, la consapevolezza dolorosa ma “fedele” dell’ inadeguatezza opposta alla vergogna della poltrona fatta protesi. E non vale solo per San Pietro, ma per qualsiasi agorà: questo è un film Urbi et Orbi, che pesca dalla Chiesa la possibilità di un salvifico vuoto di potere ma guarda a ogni istituzione, a ogni potere temporale. Problema: chi tra i nostri politici lascerebbe per auto-sospetto di inadeguatezza? In altre parole, Gesù o Barabba? Sappiamo come è finita, Moretti ce lo ricorda.
 
Non è il sequel del Caimano, perché il Caimano era costruito su tre idee forti intrecciate a fare un film. Qui l’idea è una sola e il film, di fatto, non esiste. Tutta la dissertazione di Pontiggia non riguarda il film, ma l’idea del film. L’idea io la condivido e a Nanni pure io gli voglio bene, ma la verità è che quello che abbiamo visto al cinema è solo Nanni Moretti che la fo scemo con i cardinali mentre il papa vaga senza meta per Roma.
 
3) Perché ci sono tutti i tic di Moretti, ma il film non ne soffre, anzi, gioisce: griglie per il torneo di pallavolo dei porporati da far rispettare scrupolosamente, cappuccini tiepidi con poca schiuma, bombe alla crema, spremute d’arancia, di tutto e di Nanni, ma salutare e leggero come un bicchiere d’acqua fresca…
 
Se questi elementi avessero condito una struttura forte e robusta, sarebbero stati un bicchiere d’acqua fresca. Purtroppo, invece, questi tic rappresentano la struttura stessa del film, e allora più che un bicchiere d’acqua fresca sono un gavettone, una zicchiata sulla faccia di chi si aspettava un film serio.
 
4) Perché è un film (forse) senza fede, ma ci crede: lo psicanalista Moretti lo dice esplicitamente: “Non credo”, ma il Moretti regista mostra un quasi Papa che crede (“Ha problemi con la fede? No”)  e dei Cardinali che credono e che – è una commedia (umana) – confessano all’unisono la propria riluttanza a farsi Pastori. In altre parole, Nanni dà immagini e suoni al dettato di Voltaire: “Non sono d'accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee”. E la sua vita, almeno quella artistica e pubblica, è il cinema.
 
E’ vero. Peccato che lo spazio che il film dà a queste tematiche è più o meno lo stesso che gli dà la recensione di Pontiggia…. Dieci righe di sceneggiatura su due ore…
 
5) E’ cinema puro, il film a più alto tasso cinematografico di Moretti: movimenti di macchina ambiziosi, una direzione d’attori che evangelicamente fa degli ultimi (per pose) i primi (i cardinali Renato Scarpa, Franco Graziosi, Camillo Milli, Roberto Nobile, Ulrich Von Dobschutz meritano almeno un David collettivo) e una regia totale, che mixa humour e riflessione, dubbio ed esistenza, singolo e collettività, libero arbitrio e istituzione, Vita e Sistema. Oltre la fede e oltre la psicanalisi, Moretti professa un eterodosso darwinismo: l’evoluzione della (nostra) specie è l’astensione dal potere. Da far impallidire qualsiasi decrescita.
 
Questo è vero. Gli manca solo una sceneggiatura per essere un capolavoro…
 
6) E’ il film di un Autore che ha messo la testa a posto. Lasciati nel fuoricampo vezzi, frizzi e narcisismi, rimane il Moretti autarchico per immagini e suoni, capace di dare carta Bianca al nostro immaginario, con un’idea inaudita: un Papa non ancora Papa, una non presa del potere che metterebbe d’accordo Fellini e Rossellini per una superba sintesi del nostro cinema.
 
Qui mi pare che si pisci un tantino fuori del vasino…
 
7) Si ride, e si sorride, di un’ironia che mai deturpa il paesaggio antropologico, che fa spirito con Spirito, che fa professione di fede nel riempimento creativo e poetico di quel “deficit d’accudimento” che Moretti e Margherita Buy vogliono per refrain.

Quel “deficit d’accudimento” è esattamente quel tipo di tormentone che rischia di trasformare il sequel del Caimano nel remake di Io, loro e Lara…
 
8) Habemus Spem: da Malick ai Dardenne, a Cannes sarà dura per la Palma, ma con questo Moretti è lecito avere sogni d’oro.
 
Stavolta la Palma sarebbe totalmente immeritata. E anche il David di Donatello. Spero che per una volta i pregiudizi pro-Moretti non l’abbiano vinta… e lo dico da Morettiano doc.
 
9) Perché di commedie ormai ne faremmo a  meno, ma Moretti ha voluto e fatto “una commedia” da strapazzare il cinemino tricolore. Ride bene chi ride ultimo: lui.
 
Si possono fare commedie ben più intelligenti di questa. Lo dimostrano le intere filmografie di Alessandro D’Alatri e dello sesso Moretti… alla fine Habemus Papam rischia di essere più vicino a Che bella giornata che al Moretti più classico.
 
10) Surplus d’accadimento: Habemus Papam.
 
Non Habemus Papam. E a quanto pare, nemmeno più Nanni Moretti.

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10 commenti su “NON HABEMUS PAPAM – il gran rifiuto di Nanni (di fare un capolavoro)

  1. anonimo il said:

    Ma vi rendete conto della enorme diversità di opinioni su questo film? Non c'è n'è una sola che assomiglia ad un'altra.
    Per me il miglior Moretti di sempre.

  2. ARNALDOCASALI il said:

    Beh, questo è un ottimo segnale!

    Per me è il peggior Moretti di sempre. Ma resta il fatto che il peggior moretti è sempre migliore del miglior Luchetti, Ozpetek, Bellocchio, AVati, Virzì, Brizzi, Muccino e dell'80% dei registi italiani. Ma secondo me "Habemus Papam" sta alla filmografia di Moretti come "Io, lLoro e Lara" a quella di Verdone…

  3. anonimo il said:

    Il segno di Moretti è inconfondibile (per fortuna), ma affermare che sia l'ennesima versione di Apicella mi pare eccessivo. Il regista tratta con rispetto e umanità un mondo cui non appartiene, mostrando i cardinali prima di tutto per ciò che sono, vale a dire persone. Evitare di rappresentarli come le solite figure torve, severe e cospiratrici, attraverso sequenze irresistibili e dai toni vagamente surreali come il torneo di pallavolo e la danza dulle note di Todo cambia, è stata a mio avviso una scelta intelligente e molto divertente. E poco importa se questo si realizza a scapito di una rappresentazione totalmente credibile e fedele alla realtà, perchè quello che interessa a Moretti non sono le cerimonie vaticane, i protocolli e le formalità, ma gli esseri umani che si celano dietro alle cariche ecclesiastiche, e che ritengo sia riuscito a rivelare senza ridicolizzare o dissacrare.
    Avrebbe potuto approfondire qualche spunto, è vero, ma non vedere la storia, non cogliere il percorso interiore del protagonista, la riflessione sulla solitudine umana e il senso di inadeguatezza, l'esercizio di umiltà nel riconoscere i propri limiti di fronte a una chiamata del genere e il ritorno alle passioni di una giovinezza perduta (teatro), è cosa che davvero desta stupore. Il neoeletto pontefice che si confonde tra la gente comune, la gente che dovrebbe condurre, che torna nel mondo reale e riscopre la sua fragilità e la sua dimensione eminentemente umana, che vaga all'esterno per ristabilire un contatto con il proprio interno, è una soluzione narrativa tra le più efficaci espresse ultimamente dal cinema italiano. Non è un film sulla chiesa, sulla fede o sulla contrapposizione scienza/religione, è un film sull'umiltà e il coraggio necessari per vedersi davvero e accettarsi senza riserve.
    Non lo definisco un capolavoro, ma trovo sia una buona sintesi tra l'eccesso morettiano e il suo cinema più classicamente narrativo (La stanza del figlio e Il Caimano), un film che diverte e interroga su temi che riguardano ciascuno di noi.

    Un saluto,

    Stefano

  4. ARNALDOCASALI il said:

    In realtà anche io sono completamente d'accordo con Stefano. Nel merito, condivido la critica. Il problema è che tutte queste problematiche finiscono per avere, nel film, un ruolo marginale, a scapito degli sketch tipicamente morettiani.

    Come la maggior parte che ho letto mi pare che questa critica non è al film che abbiamo visto al cinema, ma all'idea del film, a quello che ci hanno spiegato essere il film. Ma ra una bella idea e un bel film ci passano in mezzo un sacco di cose, a cominciare dalla sceneggiatura…

    La scena del torneo di pallavolo, ad esempio, era molto azzeccata e divertente, ma finisce per essere troppo lunga ed autocompiaciuta. Le due figure degli psicanalisti sono appena accennate e non sviluppate come meritavano. Il loro rapporto si riduce ad una frecciatina – ripetuta – che Moretti lancia probabilmente alla sua ex Silvia Nono ("mi ha lasciato perché non riusciva ad accettare che io fossi migliore di lei").

    Di fatto, il soggetto del film – il papa psicanalizzato da Moretti – finisce per essere solo il pretesto per portare Nanni in Vaticano e fargli fare l'animatore turistico.

    La mia impressione è che dopo essere stato tanto imitato da Fiorello, Nanni abbia voluto ricambiare e si sia messo a fare il Fiorello del Vaticano….

  5. anonimo il said:

    Le tue osservazioni sono in parte condivisibili, comunque, per essere chiaro, quello che ho scritto è quello che il film mi ha trasmesso direttamente, senza "intermediari". Come spesso mi capita, ho fatto in modo di arrivare vergine alla visione, senza leggere critiche, recensioni e senza cercare di scovare informazioni e interviste che potessero influenzarmi. Il film l'ho visto sabato e ad oggi non conosco la ricezione critica. So che Moretti è andato da Fazio e il film sta andando bene al botteghino, ma non ho letto critiche né articoli. La prima, in effetti, è stata la tua.

    Alla prossima,

    Stefano

  6. ARNALDOCASALI il said:

    Beh, è un onore e ti ringrazio!

    In realtà anche io ho cercato di arrivare più "vergine" possibile al film, anche se la passione per Moretti e l'interesse per questo progetto mi hanno portato a leggere molti articoli prima – ma nessuna recensione, in effetti.

    Ma come ripeto, il tuo giudizio io lo condivido. Nel film tutto quello che tu dici c'è. Quello che mi ha deluso profondamente è che finisce davvero per essere molto marginalizzato.

    Ecco, io non lo definirei un brutto film, ma un film eccessivamente squilibrato. Come un ottimo cocktail con troppo ghiaccio e poco da bere.  Come un succo di frutta con tanta acqua e poca frutta.

    Per questo la considero un'occasione persa. Quasi lo stesso Moretti, come Melville, avesse rinunciato a portare fino in fondo la sua missione, e si fosse accontentato di passeggiare o di giocare a palla per tutto il film senza mai affrontare davvero il peso della responsabilità che la scelta di un soggetto simile imponeva.

    Le gag sono tutte belle e divertenti, ma davvero eccessive. La guardia svizzera che fa la controfigura era una trovata carina, ma alla fine diventa stucchevole e macchiettistica, esattamente come la partita a pallavolo, le continue battute e i mini sketch che non lasciano spazio ad un approfondimento serio di queste tematiche.

    Stesso dicasi per il peregrinare di Melville. Scene bellissime (quella in piazza San Pietro tra i papaboys è fantastica) ma la psicologa Guy è sprecata, la compagnia teatrale si perde, e lo stesso Melville, diciamoci la verità: è un personaggio grigio, non è autorevole, ma nemmeno simpatico o particolarmente umano  (riguardati il discorso di Giovanni Paolo I appena eletto, e vedi davvero tutta l'umanità di un individuo terrorizzato dal peso della responsabilità).

    Melville è solo un povero vecchietto spaesato, senza alcun carisma. Gli accenni al suo passato teatrale non sono sviluppati, così come non è minimamente sviluppata la sua personalità. Io francamente non sono riuscito ad identificarmi minimamente con lui, così come con nessun personaggio (nemmeno con Moretti, a differenza di quanto mi è successo con "Bianca" o "Ecce Bombo") ridotto ad una macchietta autoreferenziale, senza nessuno spessore psicologico….

  7. anonimo il said:

    Esagerati Ferzetti e Crespi quando lo definiscono un film magnifico, esagerato Cappellini quando lo definisce una boiata pazzesca.

    S

  8. ARNALDOCASALI il said:

    E che Nanni è un regista esagerato, e quindi anche nel giudicarlo bisogna un po' esagerare!

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