HAPPY FAMILY

Avevo proprio voglia di vederlo, Happy Family. Un po' perché dopo il pugno sullo stomaco di Come Dio comanda ci voleva proprio una bella commedia leggera. E poi non che sia un fan di Salvatores, però mi piace. E' uno dei pochi registi in Italia che ha almeno un po' di voglia di spaziare tra le storie e i generi.

La maggior parte dei cosiddetti autori italiani, passano la vita a fare sempre lo stesso film: Veronesi, Ozpetek, non parliamo di Virzì… Salvatores invece, cambia in continuazione pelle, ha voglia di sperimentare. Per questo mi piace, nonostante abbia più tic di Nanni Moretti.

Poi, belli o meno belli, i film di Salvatores una qualche garanzia la offrono sempre. Quindi ero proprio curioso di andarlo a vedere, Happy Family. E poi il metacinema… cosa potrebbe esserci di più divertente?

Metacinema, sì, e meta cagata pazzesca.

Non che non abbia fatto qualche opera minore, il premio Oscar, vedi Amnésia. Ma un film ignobile come questo, no, non l'avevo visto mai.

Film, poi? Francamente chiamarlo film mi sembra davvero eccessivo. Chiamiamolo cabaret, avanspettacolo, situation comedy. Ma col cinema, Happy Family, non c'entra proprio niente.

Cosa si salva, in questo misero prodotto di noiosa televisione?

Fabio De Luigi che fa Fabio De Luigi? Uscito pari pari da Love Bugs o da un filmaccio di Carlo Vanzina?

Oppure Diego Abatantuono che fa Diego Abatantuono? Sempre più imbolsito e  ripetitivo, che non recita più dai tempi di Io non ho paura e arriva sul set di questo cosiddetto film pari pari come ne è uscito dalla pubblicità della Buitoni?

O ancora Margherita Buy che fa Margherita Buy? Grande attrice, sì sì, ma congelata nello stesso personaggio da almeno quindici anni.

E che dire poi di Fabrizio Bentivoglio? Nel film muore, nella realtà è già imbalsamato e si stenta a credere che un tempo ormai lontano fosse uno dei più grandi attori italiani.

Carla Signoris, infine. Lei ce la mette tutta per dimostrare che sa recitare, ma la sceneggiatura non le permette nemmeno di tratteggiare una decente maschera da commedia dell'arte, e si ferma alla maschera. Quella di carnevale.

E i giovani sono bravi? E come si fa a dirlo, con personaggi così stereotipati, così banali e prevedibili e noiosi allo stesso tempo? Fanno quello che devono fare.

La trovata – in realtà banalissima – del film nel film – è risolta nel modo più prevedibile e infantile, senza nemmeno una – dico una – trovata minimamente sensata e originale.

Più che un film, Happy Family sembra uno sketch del Mai dire gol insopportabilmente prolisso e pretenzioso.

Perché Salvatores non ci risparmia nessuna delle trovate più becere e banali che la sua mente è riuscito a partorire (ma che sarebbe stato capace di trovare qualsiasi cabarettista dilettante): dall'ennesima prova-costume alla trombata dei cani degna del peggior Boldi-De Sica, dal ragazzino saccente e frocetto alla vecchietta rincoglionita fino alle impacciate dichiarazioni d'amore dei protagonisti.
Il tutto condito con filosofia d'accatto, musica ruffiana usata al modo di Aldo, Giovanni e Giacomo  (e cioè finalizzata a  spacciare per poetiche le sequenze più inutili), citazioni cinefile (vedi la frase di Groucho Marx divenuta slogan del film), notturni di Chopin, autocitazioni e la solita morale fricchettona di Salvatores, che si esaurisce in sostanza sul quanto faccia bene e sia liberatorio farsi le canne.

E in effetti, usciti dal cinema, viene solo voglia di stordirsi, in un modo o nell'altro. Sicuramente sarà più divertente. 

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