2023

Sono un po’ in ritardo, sì, lo so.

Ma io sono un ritardatario professionista. Io non sto mai sul pezzo. O meglio ci sto: ma su un altro pezzo. Quello di prima. 

Insomma il bilancio dell’anno trascorso lo fanno tutti negli ultimi giorni di dicembre. Io me la prendo sempre con molta calma, e quindi di solito lo faccio a febbraio. Quest’anno batto tutti i record, arrivando con tre mesi di ritardo giusti giusti.

Tre mesi di distanza, che però – guardandolo da lontano – mi consentono di vederlo meglio, questo clamoroso 2023.

Clamorosi, è vero, lo sono stati anche i primi tre mesi di questo 2024, ed è il motivo per cui non avevo ancora avuto il tempo di fermarmi a guardare ciò che è stato. Per tracciare un bilancio, un minimo, bisogna fermarsi.

Questo sabato santo, allora, può essere il momento giusto. Il mese nuovo porta con sé il nuovo orario e anche la nuova Pasqua.

Dare addìo all’uomo vecchio – per dirla con san Paolo – è anche forse l’occasione migliore per dare addio all’anno vecchio.

Non ho con me la mia fidatissima agenda, quella dove scrivo – giorno per giorno – tutto quello che succede, e questo rende più difficile tracciare il bilancio perché devo affidarmi solo ed esclusivamente alla memoria.

La memoria però trattiene – o almeno dovrebbe – le cose più importanti. E quindi magari quest’anno le memorie dell’anno passato saranno più essenziali e meno prolisse.

D’altra parte le cose importanti sono state così importanti, che basta parlare di loro, senza elencare tutti i film che ho visto, tutti i libri che ho letto, tutti i posti che ho visitato. Anche perché di posti visti quest’anno – come gli ultimi tre – sono stati pochi. Il 2019 rimane l’ultimo anno “in viaggio”, di fatto – per un motivo o per l’altro – dal 2020 i viaggi sono stati pochissimi e cortissimi. Nessun “paese” nuovo conquistato nemmeno nel 2023, con brevi sortite solo in Polonia e Ungheria. 

Quanto ai film, ne cito uno solo, ma che vale tutto l’anno: Indiana Jones e il Quadrante del Destino. Un film che ho letteralmente aspettato per quindici anni, con una frenesia sempre crescente negli ultimi otto, da quando – cioè – è stato annunciato ufficialmente.

Non so perché ma la febbre da Indiana Jones che l’atteso arrivo di questo film ha generato, ha superato persino quella che avevo avuto – quindici anni fa – per Il Teschio di Cristallo. E questo nonostante questo nuovo film non sia stato diretto (con mia grande delusione) da Steven Spielberg.

La preparazione a questo film è stata epica: ho comprato online i gadget più assurdi mettendo insieme in salotto un vero e proprio museo di Indiana Jones: dal Santo Graal alle pietre del Tempio Maledetto, dal bastone dell’Arca fino al diario di Henry Jones Sr.

Ho rivisto tutti i film, letto (dopo 30 anni che l’avevo comprato!) Indinaa Jones e il destino di Atlantide e – dopo cinque anni – ho finalmente visto anche i cofanetti integrali di Le avventure del giovane Indiana Jones. Beata me li aveva regalati nel Natale nel 2017 ma di fatto avevo visto un episodio all’anno, mentre tra la primavera e l’estate del 2023 ho visto integralmente i primi due. (mi rimane ancora il terzo).

E’ stata un’esperienza importantissima perché il telefilm era nato con intenti educativi: in ogni episodio il giovane Indiana Jones incontra qualche grande personaggio del Novecento e ad ogni episodio è abbinato – nel cofanetto dei dvd (mai pubblicati in Italia) un documentario.

Confesso di avere imparato tantissimo da quei documentari. Anche se, essendo 2-3 documentari ogni episodio e gli episodi un prodotto tipico della TV anni ‘90, ecco la visione è stata decisamente più lenta rispetto a 1992, House of Cards, Twin Peaks o Young Pope.

Tra le cose che ho imparato, è che anche De Gaulle è stato un grande bluff e che tutte le guerre del mondo sono state scatenate da Inghilterra e Francia. Ecco, io fino ad oggi me la prendevo con l’America. Vedere i documentari sulla nascita della Palestina – proprio mentre scoppiava la guerra a Gaza – mi ha davvero illuminato, cambiando la mia prospettiva del mondo, capendo che a fare danni al mondo non sono i dittatori o i fanatismi religiosi, ma l’imperialismo europeo, convinto di poter e dovere conquistare il mondo intero esportando la sua civiltà.

Quando finalmente il film è uscito, per rispettare la tradizione, sono andato a vedere Il Quadrante del Destino con zia Maria e zio Bruno, con cui avevo visto tutti i film precedenti (a partire dall’Arca perduta, vista in un’arena estiva nel 1981).

Lo devo dire: io non sono rimasto affatto deluso. Nonostante le pessime premesse, le critiche feroci, l’insuccesso commerciale, io personalmente sono rimasto pienamente soddisfatto da questo film. Direi addirittura entusiasta. E mi dispiace molto che sia davvero l’ultimo.

Se la primavera e la prima metà dell’estate sono state consacrate a Indiana Jones, a fine giugno l’archeologo americano ha dato il cambio a Francesco d’Assisi.

Il più grande regalo che mi ha fatto il 2023, infatti è stato farmi diventare un regista.

La Stella di Greccio, concepito, girato, montato e presentato in appena cinque mesi, ha rappresentato non la realizzazione di un sogno, ma di almeno tre sogni diversi, coltivati per trent’anni.

Se nel 2013, per i miei vent’anni da francescano, avevo ricevuto come regalo papa Francesco. Per i trenta ho avuto il mio film su Francesco.

Nel 1992 ho iniziato a girare il mio primo film. Nel 1993 mi sono innamorato di Francesco d’Assisi.

Fare un film su Francesco ha unito insieme i più grandi amori della mia vita: il cinema e san Francesco.

Il terzo è stato un prodotto cinematografico che ha visto insieme la squadra che ho costruito in questi vent’anni da organizzatore del Terni Film Festival e tre da direttore dell’Istess.

Davvero tutto si è riunito in quel film: le mie ambizioni registiche frustrate per trent’anni (perché un film amatoriale no, non l’ho mai voluto fare), la mia passione per Francesco, e tutte le persone che ho incontrato in questi anni: da Cecilia a Marialuna, da frate Alessandro a Luisa, da Giordano a Fabio Bussotti e Francesco Salvi, fino a Mauro Cardinali, che è l’anello di congiunzione tra i due film del 2023, visto che ha interpretato anche Indiana Jones e il Quadrante del Destino.

Ho anche realizzato un altro sogno, per questo film: scrivere una canzone su Francesco con Marialuna Cipolla.

Ma devo smettere subito di parlare di questo film, perché non finirei mai: non è stata la cosa più importante del 2023, ma forse di tutta la mia vita.

Come Indy, anche Francesco si è portato dietro mezza estate e tutto l’autunno in varie incarnazioni. A ferragosto, infatti, in attesa di poter cominciare il montaggio, ho ripreso in mano un libro che avevo scritto nel 2019 e che da allora era in attesa di essere completato. Un libro su tutti i film su Francesco d’Assisi, motivo per cui, durante le vacanze polacche (durante le quali in una settimana sono uscito di casa solo due volte, passando l’intera giornata al computer scrivendo e montando) ho rivisto alcuni film, e visto per la prima volta altri film su Francesco.

E’ stato un anno di grandissima sofferenza; è stato anche il primo anno senza mia madre. Ma – paradossalmente – il motivo di questa sofferenza non è stata l’elaborazione del lutto, la presa di coscienza della sua assenza: il primo compleanno senza di lei, la prima Pasqua senza di lei, la prima estate senza di lei. No, sotto quel profilo, la grazia di Dio ha continuato ad accompagnare la mia famiglia. Tutto è andato al meglio.

La sofferenza me l’hanno creata le persone con cui sono stato costretto a rapportarmi. E la cosa più dolorosa, è che si è trattato – nella gran parte dei casi – di cosiddetti uomini di Chiesa. Gente che, teoricamente, di lavoro dovrebbe amare. I contesti sono stati diversi e non collegati tra loro. Il dolore però è stato atroce. Perché quando tu cela metti proprio tutta per “comportarti bene”, per rispettare gli altri, per non generare gelosie, per non pestare i piedi, per non urtare la suscettibilità, e nonostante questo ti ritrovi di fronte a qualcuno che ti considera un nemico e che quindi ti combatte, ti combatte a prescindere, e tutto quello che tu fai, dici e scrivi cerca di usarlo contro di te, e tutto questo spesso senza un motivo vero, solo per antipatia, ostilità pregressa, cattiveria gratuita, allora
la rabbia si mescola ad un senso di impotenza. E l’impotenza è sempre il sentimento più devastante.

In questo anno di guerra, io pacifista radicale, mi sono trovato in continuazione sul fronte, a combattere guerre personali che non avevano senso, a difendermi da attacchi continui – la cui utilità, per chi li sferrava – ancora mi sfugge.

Certo con queste premesse sembra che sia stato un anno terribile. Invece è stato un anno meraviglioso, in cui ho realizzato tanti sogni inseguiti per trent’anni.

Trent’anni, sì. Ce ne sono almeno tre, di cose che desideravo fare da trent’anni e che ho fatto nel 2023.

Poi ci sono cose che invece non volevo fare proprio, e che pure sono venute benissimo, come il Terni Film Festival: l’edizione di cui personalmente mi sono interessato di meno, e che si è rivelata in assoluto la più bella e clamorosa. E forse anche la più serena. Se quelle del 2021 e 2022 erano state funestate da sforzi immani e liti devastanti, nel 2023 sotto il profilo organizzativo è stata un’edizione miracolosa, in cui tutti i profili.

La più grande soddisfazione – può sembrare paradossale ma è così – è la consapevolezza che il merito del successo di questa edizione non è mio.

Non è vero che voglio essere al centro di tutto. Stare al centro di tutto è molto stressante. E quando lo stress supera l’appagamento narcisistico, allora è meglio farsi da parte.

Le soddisfazioni più grandi – l’Istess – me le ha riservate proprio di fronte a iniziative bellissime che non ho organizzato io. Poi una bella dose di sofferenza e di litigata non è mancata nemmeno quest’anno ma almeno – come dire – stavolta ne valeva la pena, perché non si trattava si scaramucce infantili tra organizzatori: stavolta sono finito  nel mezzo dello scontro degli scontri. In piena guerra ho cercato di far salire sullo stesso palco – nel segno del dialogo e della pace – una regista israeliana e un regista palestinese. Senza alcuna neutralità, sia chiaro: il festival ha sostenuto apertamente la causa di Gaza. Ma è stato proprio il regista di Gaza a rifiutare di dare la mano alla regista pacifista israeliana. E così ho finito per litigare e rompere i rapporti proprio con chi sostenevo di più. Ma questo mi ha fatto capire ancora di più quanto sia dura e complicata questa guerra, e quindi anche se ho urlato e pianto, sono felice di quello che è successo. A parlare di pace con i pacifisti è facile: cercare di far dialogare davvero chi non si parla, credo sia un titolo di merito.

Sul piano umano, è stato un anno di grandi ritorni – con amicizie ritrovate dopo decenni – e anche di amari commiati. 

Insieme al film, l’altra cosa più importante che ha segnato questo 2023, è stata l’assunzione in Vaticano.

Anche in questo caso, è stato un traguardo agognato e inseguito per decenni. E non parlo solo del Vaticano (con cui collaboravo già da anni) ma proprio dell’assunzione.

La prima volta che sono entrato per la prima volta da Porta Sant’Anna è stato quando avevo 22 anni, per studiare un codice alla Biblioteca Vaticana per l’Università.

Ero così eccitato di entrare per la prima volta dentro Città del Vaticano, che – all’uscita – pur di prolungare la mia permanenza dentro quelle mura esclusive, avevo comprato una scheda telefonica alle Poste Vaticane e mi ero messo a telefonare a chiunque dalla cabina. Non c’è bisogno che dica che cosa significhi per me, 27 anni dopo, diventare “Officiale” vaticano.

Quanto all’assunzione ogni anno il 15 agosto faccio la battuta perché il precariato è diventato una cifra stilistica della mia vita professionale. Al Giornale dell’Umbria in 15 anni da redattore abusivo, sono riuscito a restare l’Unico dei giornalisti della primissima ora a non essere assunto, e a restare co.co.co fino alla fine. Ovvero fino alla famigenrata mail di quattro righe con cui mi si diceva che, dopo 15 anni, il mio contratto (che nel frattempo da annuale era diventato mensile) non era stato rinnovato.

Nel 2024 celebro 25 anni di lavoro, venticinque anni dal mio primo articolo pubblicato su “Adesso” che mi ha proiettato, al tempo stesso, nella professione giornalistica e nella Chiesa Cattolica, dove sono stato addetto stampa diocesano, collaboratore della radio diocesana e corrispondente della radio nazionale, direttore artistico del Terni Film Festival, responsabile della comunicazione dell’Istess, articolista dell’Osservatore Romano e di Avvenire e direttore dell’Istess. Tutto questo senza mai guadagnare più di 600 euro al mese.

Infatti parlo sempre di attività giornalistica e mai di carriera, e uno dei miei tormentoni è: “Non chiedo mai quanto mi paghi. Per questo nella mia vita ho fatto di tutto: tranne i soldi”.

D’altra parte se a diciotto anni il tuo mito è Francesco d’Assisi, restare “poraccio” fino a cinquanta è anche una forma di coerenza.

E’ vero che non sono uno che chiede soldi, e nemmeno contratti o garanzie. Ho sempre e solo chiesto di potermi divertire, di fare qualcosa che mi piace, e l’ho fatto.

Mi vanto anche di non essere mai stato raccomandato, e quindi forse non è strano questo eterno precariato. Ora, ovviamente, nessuno – anche giustamente, a dire il vero – può credere che qualcuno venga assunto in Vaticano senza avere raccomandazioni. Considerando anche che sono state ufficialmente abolite da papa Francesco, e che prima non esisteva nemmeno un ufficio a cui mandare il curriculum. 

Invece, anche se la cosa mi è costata sangue e sudore e lacrime, io posso dirlo con orgoglio. La manovra di avvicinamento è stata lunga e progressiva (otto anni!), poi il proverbiale colpo di fortuna, con un articolo sul papa pubblicato su TPI (gratis – quando si dice essere pagati in visibilità!) che pensavo mi avrebbe precluso qualsiasi posisbilità di lavorare per il Vaticano, e che invece è stato notato da un celebre teologo (e autore di alcune delle più belle canzoni di Chiesa degli ultimi cinquant’anni) che stava cercando un addetto stampa per l’Istituto che dirigeva.

Da lì – in pieno lockdown (ho iniziato a lavorare in smart working, e ho messo piede in Istituto per la prima volta dopo 6 mesi che ci lavoravo!) – è iniziata un’avventura durata quattro anni.

Un’avventura che mi ha cambiato la vita, piena di entusiasmo, di duro lavoro e anche di sofferenza, di incidenti, di cadute e risalitead un certo punto sono finito persino al centro di un articolo di un giornale americano che voleva attaccare papa Francesco. Ed è essere attaccato per colpire il Papa, lo dico sinceramente, è una cosa che mi ha inorgoglito, anche se mi ha fatto finire nei guai.

Ho dato tutto me stesso, anche se devo ammettere che solo nel 2023 ho deciso che volevo a tutti i costi essere assunto perché – sì – è ciò che voglio fare nella vita. Così, quando è andato in pensione l’usciere ho detto che ero disponibile a sostituirlo pur di essere preso. E l’ho fatto.

Nel frattempo, un po’ paradossalmente, avevo assunto un altro incarico nell’Istituto, che è andato ad aggiungersi a quello di addetto stampa, e cioè segretario di redazione della rivista accademica ed editor di tutti i libri pubblicati dall’Istituto.

E’ buffo e singolare che tutto questo sia successo non solo nello stesso anno ma negli stessi mesi – nelle stesse settimane – in cui realizzavo l’altro grande traguardo della mia vita: fare il regista.

Addirittura la presentazione alla Filmoteca Vaticana è avvenuta nella mia prima settimana di lavoro.

Ad accomunare queste due grandi novità che hanno segnato così profondamente questo 2023, oltre al fatto di avere entrambe in qualche modo “compiuto” un percorso iniziato trent’anni fa, c’è forse anche la determinazione con cui le ho inseguite.

E questa è stata un’altra grande novità – direi la più importante novità del 2023.

Nella mia vita mi sono sempre lasciato guidare dalla corrente. Non quella umana, chiariamoci, perché se c’è un aspetto della mia personalità che mi ha sempre segnato sin da adolescente è l’anticonformismo.

Ma ho sempre avuto grande fede nella Provvidenza. Ho sempre pensato che Dio sa meglio di me quello di cui ho bisogno, quindi non ho mai inseguito con troppa caparbietà un progetto, ho sempre preso quello che la vita mi dava, e mi ha sempre dato cose bellissime.

Sono conspaevole che se mi fossi fissato degli obiettivi precisi, avrei fallito e avrei perso i treni più importanti della mia vita.

Per dirne una: a vent’anni ero convinto di voler fare l’attore. Nel 1998 ho fatto il primo e unico provino della mia vita, al CUT del Teatro Stabile dell’Umbria. Portai il monologo di Cyrano de Bergerac sul naso. Arrivai 26° e ne prendevano 20.

Mi sentii un fallito. Pochi mesi dopo, per caso, ho iniziato a fare il giornalista.

Oggi so che sarei stato un pessimo attore, e sicuramente un attore estremamente frustrato. Invece sono finito a fare il lavoro più bello del mondo, e sicuramente il più adatto alla mia personalità.

Tutte le cose più belle della mia vita sono avvenute per caso: nel 2005 chiesi un passaggio in macchina a Stefania Parisi che stava organizzando la prima edizione del festival Popoli e Religioni. E’ grazie a quel passaggio se oggi faccio il direttore dell’Istess.

Per questo non ho mai forzato la mano al destino, e sono sempre stato accogliente nei confronti della vita. Questo però, mi ha portato anche a perdere un sacco di tempo e di energie dietro a cose che mi piaceva fare, ma che non portavano a niente.

Per vent’anni ho speso quasi tutte le mie energie per la cronaca locale, pur essendo perfettamente consapevole che non era ciò che volevo, per vent’anni sono stato un frustato che avrebbe voluto scrivere su testate nazionali.

Se non ho mai insistito per avere un contratto al Giornale dell’Umbria era anche perché non volevo legarmi, volevo tenermi le mani libere, ma poi di fatto con queste mani libere non ci ho fatto nulla finché non sono rimasto col culo per terra. E solo allora – costretto dal bisogno di soldi – sono diventato un giornalista nazionale. E da free lance, mi sono trovato a scrivere su giornali più importanti, divertendomi di più e guadagnando quasi il doppio.

Quindi, ecco, due cose mi ha insegnato il 2023, che sono forse poi la stessa: riconoscere delle priorità, e combattere per quelle, fino al raggiungimento dell’obiettivo.

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