SABINA GUZZANTI, SUCCESSO A META'

Successo tiepido per Sabina Guzzanti, venerdì sera al teatro Politeama; uno spettacolo lungo e spumeggiante con monologhi, imitazioni e canzoni in cui la celebre figlia e sorella d’arte ha dato senza dubbio il meglio di sé, ma alla quale la platea non ha risposto come l’attrice di sarebbe aspettata.

 
 “Cari ternani – dice dopo aver cantato due canzoni partigiane “aggiornate” per l’era Berlusconi, con tanto di testo che passava su un grande schermo stile “Karaoke” – siete veramente cari, ma ho un appunto da farvi: vedete, le parole le abbiamo messe perché dovete cantare anche voi”. Ma la platea, di unirsi agli inni della Guzzanti, non ci pensa proprio, e l’artista finisce quasi per perdere la pazienza: “La prossima canzone vi costringo!”. Poi tenta di insegnare il ritornello; ma niente da fare. Il teatro continua ad ascoltare in silenzio, mentre – alla spicciolata – già molte persone hanno cominciato ad andarsene. Quando poi cala il sipario tutti si alzano e si accalcano davanti alle uscite, tanto che – visto che nessuno glielo chiede – è la stessa Sabina a proporre un bis, precisando che “chi se ne vuole andare se ne può andare, d’altra parte poteva farlo anche prima”.
 
Così poco entusiasmo da parte della platea, per uno spettacolo comico, è una cosa che lascia interdetti. Ma solo fino a un certo punto: perché la verità è che il lungo monologo della Guzzanti, più che far ridere, mette angoscia e depressione. Per lo spietato ritratto che fa dell’attuale situazione dell’Italia, dei suoi politici (destra, ma anche sinistra), dei personaggi televisivi e anche – sì – dei giornalisti. I temi scottanti dell’attualità ci sono tutti: la guerra, l terrorismo, la giustizia, il conflitto di interessi, l’informazione, la censura. Sabina assume posizioni anticonformiste (come sulla questione della grazia a Sofri, ad esempio), e fa riemergere notizie sepolte (come le dimissioni della vicedirettrice del TG1).
Il problema, forse, è che per essere una comica, la Guzzanti si prende un po’ troppo sul serio e le imitazioni lasciano lo spazio a veri e propri comizi. Insomma, la mattatrice di “Tunnel” finisce per mancare di leggerezza, di quel “distacco” che è l’essenza stessa dell’umorismo. A tratti, poi, affiora il rancore personale e si finisce per domandarsi se l’artista sia indignata per la censura in televisione o lo sia piuttosto per la perdita del suo posto in Rai.
In camerino mantiene un atteggiamento da diva arrogante: fa allontanare i giornalisti, si spazientisce con gli ammiratori che le chiedono dediche sui biglietti (“e che ci devo scrivere, buon natale?”), si offende perché uno di essi si complimenta per i suoi “collaboratori” sottolineando che gli spettacoli, lei, se li scrive da sola; e alla fine si torna a casa con il dubbio se davvero con queste serate Sabina Guzzanti stia cercando di risvegliare gli italiani dal torpore mediatico in cui sono caduti, o se invece stia piuttosto cercando di ritagliarsi anche lei un posto in prima fila in quello stesso regime che denuncia, cercando di interpretare il ruolo della vittima-profeta in quel teatrino di potere che vorrebbe irridere ma al quale finisce per appartenere anche lei.
(da Il Giornale dell’Umbria del 23 maggio 2004)
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