JAMES BROWN

A dargli la notizia con un sms, la mattina di Natale, fu l’amico Luca Di Gennaro.

Era morto James Brown. Proprio la notte di Natale, poco dopo la mezzanotte.
James Brown era uno degli idoli musicali di Lorenzo, uno di quelli amava incondizionatamente.

Di James Brown, a Lorenzo, piaceva tutto. Anche i dischi brutti, anche le pacchianate che avevano condito i colpi di genio in oltre cinquant’anni di travolgente carriera, che dal bordello di Augusta (dove procurava i clienti da adolescente) e il riformatorio di Toccoa (dove era finito a 16 anni per rapina a mano armata) lo aveva portato a diventare una vera leggenda della musica: “Il Re” incontrastato del rythm & blues.
 
Il sound del “Padrino”, per Lorenzo, era una specie di respiro, la sua voce gli era familiare come quella di un padre, e la coincidenza aveva voluto che il suo padre vero e il Godfather del soul erano nati nello stesso anno, e Lorenzo si sentiva un po’ figlio di tutti e due.
 
Quando era poco più che un bambino e voleva imparare l’arte del Dj, un ragazzo nel locale di Cortona che gli dava delle lezioni di pomeriggio a locale chiuso, una volta cacciò fuori un doppio Lp nero e rosso con la foto di questo nero che teneva il microfono come un martello, come un bastone da profeta, come un’asta per il salto, come la scopa di un mozzo, come lo scettro di un re, come una pistola, come un cazzo dritto, come un fiore appena colto.

Era James Brown, ma il giovane Lorenzo non ne sapeva niente.

In quel disco c’era una versione live da un quarto d’ora di Sex Machine. Non aveva mai sentito niente di simile, di così forte, di così diverso da tutto quello che aveva ascoltato fino ad allora, sia che fosse musica o abbaiare di cani o fischio di vento o sirena di polizia o canto d’uccelli o strilli di madre.
 
Era il miglior quarto d’ora che Lorenzo aveva mai passato nella vita fino ad allora. Si fece una cassetta da 60 minuti piena di solo quel pezzo, due volte da un lato e due volte dall’altro, e se la sentiva in un walkman che si era fatto regalare per la promozione a scuola. Ininterrottamente.
Quel suono gli faceva capire di esistere. Sì; prima non se ne era mai accorto.

Il resto, come si dice, è vita, e nella vita del futuro padre del rap italiano, James Brown, non aveva mai più smesso di esserci con la sua musica, e non avrebbe mai smesso di esserci.
 
Nella storia della musica c’erano, c’erano stati e ci sarebbero stati grandi musicisti, grandi canzoni, grandi cantanti, grandi innovatori, grandi geni, grandi profeti, ma il sound, il sound è di James Brown. Nessuno è riuscito ad eguagliare il suo groove. Il groove di James Brown, l’inventore dell’uno.
 
E quasi come l’estremo colpo di teatro, per morire, Il Padrino, aveva scelto la notte di Natale,
Era morto, James Brown, proprio mentre nasceva Gesù Bambino.

Magari, pensava Lorenzo, si sono anche incontrati, lì, sulla porta del Paradiso. Uno andava e l’altro veniva.

E se lo vedeva, il grande padrino del funk, fare una carezza sulla testa a Dio in persona appena nato in carne e ossa.

Senza dubbio, una bella scena.

 

Martedì 26 – mercoledì 27 dicembre 2006

Campionato da un post di Jovanotti del 25 dicembre pubblicato su www.soleluna.com
 
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