IL CIRCO CAPOSSELA

Acrobata della musica, domatore di strumenti, giocoliere della scena, equilibrista della melodia, clown dell’affabulazione.

 

Vinicio Capossela è un artista, nel senso più nobile e antico della parola, quello che aveva ai tempi di Leonardo e Michelangelo, prima che diventasse attributo di qualsiasi personaggio del mondo dello spettacolo, Elena Santarelli compresa.

 

L’artista è colui che è in grado di trasformare in arte tutto ciò che tocca, e così è Vinicio Capossela: interprete dalle mille voci, musicista di qualsiasi strumento (fosse pure una pistola giocattolo o una mascella d’asino), scrittore talentuoso, narratore di fiabe radiofoniche, cantautore coltissimo e popolare, compositore con “Il ballo di San Vito”, che non riesce mai a stare fermo e passa con disinvoltura dal jazz alla tarantella, dal blues al chacha-cha, dal fado a Celentano, dal valzer al sirtaki.


A chi, ai tempi del debutto con All’una e trentacinque circa, sedici anni fa, lo paragonava a Tom Waits e Paolo Conte, lui ha risposto con i canti popolari della sua terra, con arie balcaniche alla Goran Bregovic, con il mondo circense di Canzoni a manovella e, oggi, con un altro album “inclassificabile” come Ovunque proteggi, a confermare che non c’è genere né successo che possa contenere la sua esuberante voglia di cambiare pelle.


Un suo concerto non è uno spettacolo, è un’esperienza.

E allora non c’è da stupirsi che la data ternana del tour promozionale – domani sera, al teatro Verdi – abbia registrato il tutto esaurito in pochi giorni di prevendita e suscitato più attesa e interesse dello spettacolo – in esclusiva assoluta – di un artista di fama mondiale come Roberto Benigni.


Non male davvero, per uno cantante di nicchia, che in Tv non si vede dal 1998 (quando accompagnò Paolo Rossi nel suo Scatafascio), che fa canzoni inaudite, che nulla hanno a che fare con tutto ciò che si sente in giro, e che oltretutto, non pubblicava un disco nuovo da quasi sei anni.


Di nicchia, già, perché Capossela piace molto ai radical chic, che se lo vorrebbero tenere in una ristretta cerchia di estimatori in grado di comprendere i suoi mille riferimenti letterari, musicali, artistici. E invece, Vinicio, non solo è amato dalle ragazzine di vent’anni, ma si è permesso pure – con Ovunque proteggi – di balzare subito in vetta alle classifiche.


Un successo che ha sorpreso la stessa casa discografica, costretta a ristampare in fretta e furia il disco, subito sparito dai negozi.


Ma quale è il segreto di questo cantautore quarantenne con un nome che viene da Quo vadis?

 

Sarebbe fin troppo facile dire che la qualità paga sempre. Forse la ragione vera va rintracciata invece proprio nella sua adesione alla cultura popolare, dove il termine non si intende certo come commerciale, vale a dire semplice, orecchiabile,

omologato, ma nel suo significato più alto e profondo. 


La musica di Vinicio Capossela è popolare perché scava nelle nostre radici e fa riemergere una cultura che ci appartiene, ma che rischiamo di dimenticare (o abbiamo già dimenticato): una cultura fatta di bande di paese e di processioni, di valzer viennesi e serenate con la fisarmonica, di circo e di quadriglia, di Bibbia e Mille e una notte, di Bobby Solo e filastrocche a manovella, di mitologia greca e di antica Roma; di Natale, infine, e di San Valentino; feste alle quali Vinicio è tanto devoto da farci un intero concerto.

Domani, sarà uno di questi.

(Il Giornale dell’Umbria – 20 febbraio 2006)

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