DON GALLO, IL CONFORMISTA DELL’ANTICONFORMISMO

Nutro massimo rispetto e anche un po’ di simpatia per don Andrea Gallo, rispetto e simpatia dovuti a un uomo che ha speso gran parte della sua vita per gli altri (ma questo lo ha fatto anche don Pierino Gelmini, tanto per dirne uno).

Grande amarezza, invece, nel vedere come un uomo di chiesa sia diventato il beniamino di tanti ambienti laici e anticlericali solo perché ha aderito totalmente al conformismo di sinistra.

Amarezza nel vedere come un prete venga considerato un “profeta” solo perché ha sistematicamente contestato, disobbedito, compiuto gesti provocatori nei confronti dell’organizzazione a cui aveva scelto di appartenere, più utili per andare sui giornali che per cambiare davvero le cose.

Profeta è colui che incide le coscienze, chi percorre strade nuove e ne paga le conseguenze, non chi asseconda – magari per quell’irresistibile narcisismo tipico dei preti – un pensiero preconfezionato, magari scomodo per l’ambiente da cui si proviene ma comodissimo per quello a cui ci si rivolge.

Don Gallo come prete è stato molto anticonformista, ma come uomo di sinistra ha sposato il conformismo più becero, stando sempre molto attento a dire quello che la sinistra radicale voleva sentirsi dire.

Un prete che porta la bandiera rossa in Chiesa, canta “Bella ciao”, si fa uno spinello sostenendo che “la droga del linguaggio è molto più pericolosa”, fa i suoi discorsi fumando il sigaro, registra dischi con Cisco, vanta grande amicizia con un profeta dell’autodistruzione e del nichilismo come Vasco Rossi, parla di Carlo Giuliani come di un eroe e si fa eleggere “Personaggio gay dell’anno”….

scusate ma da un prete così io non credo di avere nulla da imparare.

Primo Mazzolari, Lorenzo Milani, Tonino Bello, Alex Zanotelli, Luigi Ciotti: questi sono i miei eroi. Preti che hanno avuto il coraggio di combattere nella “terra di nessuno”, che hanno risvegliato le coscienze addormentate, fatto crescere l’Italia e la Chiesa.

Don Gallo no: lui – almeno negli ultimi anni – non ha fatto altro che esternare su tutto e su tutti, stando sempre bene attento a mantenere il cliché del cattocomunista. In questo modo, non è stato un profeta né per i cattolici né per i comunisti, ma solo un simbolo. Un simbolo fondamentalmente vuoto, perfetto per l’adorazione acritica che tanto piace a noi italiani. E’ stato un po’ la versione cattolica di Roberto Saviano e l’antitesi (perfettamente speculare, indagini a parte) di don Gelmini.

“Se tutti i preti fossero come don Gallo, allora la Chiesa mi piacerebbe” sento dire da anni. Ma se tutti i preti fossero come don Gallo, la Chiesa sarebbe del tutto superflua.

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