TRUTH – IL PREZZO DELLA VERITA’

THE TRUTH – IL PREZZO DELLA VERITA’

L’hanno definito l’altra faccia di “Spotlight” ed è vero. Questi due film così belli e così importanti, usciti a distanza di poche settimane l’uno dall’altro, sono entrambi incentrati su grandi – e reali – inchieste giornalistiche avvenute negli anni 2000. Tanto che, sul fronte personale, mi hanno segnato profondamente non solo perché faccio questo mestiere, ma perché all’epoca in cui sono ambientati facevo già il giornalista e mi sono occupato anche di quel pezzo di storia contemporanea affrontata da queste due opere.

Tutte e due testimoniano la capacità dell’America di raccontare sé stessa, celebrandosi e facendo autocritica. Basti pensare che “60 Minutes” è un programma giornalistico della CBS che ha ispirato negli ultimi vent’anni ben due film: il primo era stato “Insider” di Michael Mann nel 1999 con Al Pacino e Russel Crowe, il secondo è “Truth” appunto. Come se in Italia avessero fatto due film dedicati a REPORT. Ve lo immaginate, voi – chessò – Isabella Ragonese che interpreta Milena Gabanelli?
Direi di no: in Italia è un tipo di cinema inimmaginabile. Credo che di film così, che l’America sforna in continuazione (e il modello di è sempre “Tutti gli uomini del presidente” sullo scandalo Watergate, interpretato non a caso da Robert Redford quando Cate Blanchett era ancora una bimba) in Italia mi vengono in mente solo “Ilaria Alpi” e “Il muro di gomma”. Ma già in quest’ultimo trasfigurava i personaggi reali in figure fittizie.

“Truth”, dicevamo, è l’altra faccia di “Spotlight”: entrambi raccontano un gruppo di coraggiosi giornalisti che sfida i poteri forti: il presidente americano Bush nel primo, nientemeno che il Vaticano di Giovanni Paolo II nel secondo. Con una differenza fondamentale: i giornalisti di “Spotlight” vincono, ottenendo la rimozione del cardinale Law e cambiando addirittura la linea della Chiesa sui crimini di pedofilia, quelli di “Truth” perdono e sono loro ad essere rimossi.

Io dico la verità: mi sono emozionato di più con Truth. Forse perché mi identifico più facilmente in un giornalista licenziato che in un direttore di successo.

Trovarsi tra due fuochi e anche tre, dover rispondere al tuo editore ma anche alla persona che ti ha concesso l’intervista, e soprattutto ai tuoi lettori/telespettatori, la verifica delle fonti, tanto superficiale quando fa comodo quanto meticolosa quando vai a pestare i piedi a chi sta in alto, gli interessi del tuo editore collusi con quelli di chi dovrebbe sputtanare, per non parlare dell’accusa di essere di parte, come se davvero si potesse fare informazione senza prendere posizione… e poi la sincera amicizia di alcuni colleghi e la mediocrità di altri che non vedono l’ora di vederti affondare…

Se fai il giornalista sai cosa significa, anche se tu lo fai da formichina e stai guardando un film che parla di giganti. E anche se la storia finisce male, ti fa venire ancora più voglia di fare questo mestiere, con l’orgoglio di pagare IL PREZZO DELLA VERITA’.

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