TRE ONCE DI LANA NERA

TERNI – C’è il teatro classico, c’è il teatro contemporaneo. E poi c’è Tre once di lana nera.

La suggestiva performance scritta da Emanuele Principi, diretta da Giacomo Troianiello e interpretata da Maria Chiara Tofone con Davide Simoncini e Maria Chiara Tascini nel doppio ruolo di tecnici-attori (il primo al suono parla ma non si muove, la seconda alle luci si muove ma non parla) che ha debuttato nei giorni scorsi al Centro di Palmetta di Terni, più che teatro sperimentale è la sperimentazione di un nuovo tipo di teatro, capace di sposare tutte le forme attualmente esistenti: un prototipo in cui per la prima volta testo, attore e regia si incontrano ad armi pari. Se infatti nel teatro classico – da Shakespeare a Mamet – regia e interpretazione sono a servizio del testo e possono leggerlo, rileggerlo, adattarlo, stravolgerlo ma comunque lo lasciano al centro della scena, il teatro contemporaneo fa esattamente l’opposto: il testo, spesso, non c’è affatto e se c’è non si capisce e non si deve capire: non c’è la parola ma il gesto al centro della scena, e l’attore-regista – ruoli quasi sempre uniti nella figura del performer – cerca di provocare nello spettatore delle suggestioni e non un’affabulazione.

Tre once di lana nera – interamente realizzato da artisti umbri – si colloca a metà strada tra i due generi, o per meglio dire percorre una strada completamente nuova che tende a superarli. La parola qui c’è, ed è così tanta da stordire lo spettatore su cui si riversa come una raffica sparata dalla recitazione iper-istrionica di una gigantesca Maria Chiara Tofone, che riesce a cambiare di continuo modulazione, tono, espressività fino a trasformarsi anche fisicamente (nella scena finale il suo volto sembra trasfigurato da un trucco pesantissimo, mentre l’effetto è dovuto solo all’espressività e alle luci) pur senza mai gigioneggiare, rendendo l’idea di una personalità multipla, non tanto perché dissociata (anche se la protagonista è dotata senza dubbio di una massiccia dose di follia) ma perché multipla è l’interpretazione che lo spettatore stesso può e deve dare alla storia.

Il testo di Principi è infatti scomposto e frammentario ed affidato allo spettatore perché ricostruisca lui stesso la storia secondo la propria sensibilità. Certo, è uno spettacolo che parla di solitudine, c’è di mezzo l’astronomia, un figlio perduto e una patologia psichiatrica, ma come in un film di Tarantino bisogna rimettere insieme i pezzi per ritrovare una storia lineare. Con la differenza che Tarantino la trama, nella sua testa, ce l’ha già nei minimi dettagli, Principi no e la affida allo stesso spettatore-autore tanto che poi, a sipario chiuso, gli consegna fisicamente carta e penna. Perché la storia continui il suo viaggio.

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