Sogni di notti di fine estate

4 settembre 2021, Terni, Umbria

Ero in albergo e in televisione stavano trasmettendo una nuova versione di Processo a Gesù di Diego Fabbri. Allora io faccio a Beata: “Ma che è questa moda di fare i remake? Ti ricordi a Natale hanno fatto Natale in Casa Cupiello con Castellitto? Ora, per carità: Natale in Casa Cupiello è un inarrivabile classico, ma Processo a Gesù è un’opera datata, che risentiva molto del ’68 e del clima post Conciliare: andava di moda negli anni ’70 ma oggi che senso ha farne una nuova versione in televisione?”.

Mentre parlo vedo che Eduardo De Filippo se ne va stizzito. Guardo Beata: “Ma che si è offeso?”, “Mi sa di si” mi risponde lei. Allora lo raggiungo alla mensa. Lui siede a un tavolo, da solo.

“Eduardo, ma che ti sei offeso?”
“Tu che ne dici?”
“Ma perché? Ah, perché ho detto di Natale in Casa Cupiello? A parte che io stavo parlando con Beata e non ci avevo nemmeno ripensato, che ci stavi lì tu, quando ho fatto quella battuta, ma poi adesso se tu hai un minimo di onestà intellettuale devi rispondere alla questa domanda: esiste una tua opera oggettivamente sopravvalutata? Sei in grado di dirmelo? Rispondimi, se hai un poi’ di onestà intellettuale! E poi scusa, eh, ma io ho detto che Natale in Casa Cupiello è un inarrivabile classico. “Inarrivabile classico” ho detto! Semmai si doveva offendere Diego Fabbri, non tu! Che poi che cazzo ne so io, che non l’ho mai letto, Processo a Gesù di Diego Fabbri. Invece magari questo remake che hanno fatto su Raiuno è una cosa bellissima, questo remake!”

“Ma vai a cagare” mi risponde Eduardo.
“Va bene, vado”.

E obbedisco. Vado in bagno e mi preparo all’azione, quando vedo un gruppo di ragazzi correre in giro. Si nascondono dapertutto, una ragazza addirittura dentro la lavatrice. “Vorranno fare uno scherzo a qualcuno” mi dico. Allora esco dal bagno, ancora con i pantaloni calati e vado a cercare un altro bagno, ma fuori incontro Alessandro Parrello. E gli dico: “Mi hanno detto che hai fatto un’altra opera di realtà virtuale! La porti al festival?”. E il suo agente, che è a fianco a lui, mi risponde: “Sì, su Tesla, la portiamo in concorso!”.
“Ma quella ha vinto l’anno scorso. Io dicevo se vuoi portare in concorso quella nuova”. E l’agente: “Portiamo in concorso quella su Tesla”. E io: “No, in concorso non può andare, perché ha già partecipato e ha anche vinto due premi: però possiamo presentarla lo stesso, per farla vedere a chi non ha potuto vederla l’anno scorso: è una bella idea”. E Alessandro: “Perfetto, allora porto in concorso Tesla!”.
E io dico: “Ma va bene, tanto a me che me ne frega: il direttore artistico adesso è Riccardo Leonelli, anzi sai che ti dico? Che secondo me Riccardo Leonelli lo fa anche meglio di me, il festival! Mettiti d’accordo con Riccardo, che io devo andare al bagno!”.

30 agosto, Vacone in Sabina

Stanotte ho fatto una figura pessima con Omar Pedrini.
Mi hanno presentato suo fratello come possibile collaboratore di Istess Musica, e io ero molto imbarazzato perché non so nulla di lui. Allora per rompere il ghiaccio gli dico: “A te non ti conosco, però conosco bene tuo fratello Omar”. E lui: “Davvero? Allora ho una sorpresa per te!”.
Dopo un minuto torna con un uomo alto e calvo, che mi saluta sorridendo. Io mi dico: questo deve essere Omar Pedrini. E faccio: “Ciao, Omar! Come va?”. E quello: “Ciao! Tu mi conosci, vero?”.
E io: “E beh, certo che ti conosco! Sei famosissimo! Tu hai fatto parte dei…”.
E aspetto che dica lui il nome del gruppo, perché io non me lo ricordo, ma lui se ne resta in silenzio.
“Hai fatto parte dei… – balbetto io – di un gruppo italiano molto famoso negli anni ’90! Erano i… i… adesso non mi viene il nome”.
Lui si mette a ridere e non dice niente.
“Dai, adesso non viene il nome: i Marlene Kunz? No, era un altro… comunque siete due, che poi avete fatto la carriera solista. Tu e il cantante… perché tu suonavi tipo le tastiere no? Porca miseria adesso proprio non mi viene il nome… ma c’era anche una ragazza, che è diventata famosa…”.
Quello scoppia a ridere e scuote la testa.
“Vabbe non proprio famosa, ha fatto tipo un album, una partecipazione.. no? No, mi sa che me sto a confonde con i 99 Posse… comunque ce l’ho presente, il gruppo tuo, solo che adesso non mi viene il nome!”.
Per fortuna è giunto il risveglio, a togliermi da questa situazione così imbarazzante. Ho subito googlato Omar Pedrini, e ho scoperto che ha la barba e i capelli lunghi. Ecco perché rideva tanto: non era Omar Pedrini ma Olimpio Riccardi dei VazzaNikki.

29 agosto – Terni, Umbria

Ho sognato che Abel Ferrara faceva un film su un rituale demoniaco di accoppiamenti tra lupi ed esseri umani, con Anna Magnani nel ruolo della Lupa e Pierpaolo Pasolini in quelli del giovane Franco Battiato. A fine produzione ci offrivano una torta dal sapore schiumoso e disgustoso. Non vi dico con che cosa l’avevano fatta ma Ferrara – o forse era Piera Degli Esposti – diceva che il giorno dopo avremmo dovuto contribuire tutti a fornire gli ingredienti.
Poi mi sono svegliato perché erano arrivati quelli del trasloco.
27 agosto –  Opole, Polonia
Ero ad un festival, non so in quale paese. Salgo sul trenino, che poi era un ottovolante, e trovo Steven Spielberg che mi fa: “Finalmente possiamo riabbracciarci!”. Allora io lo abbraccio, ma lui mi guarda come a dire: “che sono queste confidenze?”.
Poi Krzysztof Zanussi mi dice: “Capita anche a lei che la invitino ai festival e non la fanno parlare?”
E io, che non avevo capito che era una frecciatina contro di me, visto che all’ultima edizione del festival non è mai intervenuto, gli dico: “No, perché io ho un sistema infallibile. Se mi chiamano in giuria e mi dicono di andare il primo giorno e poi direttamente alle premiazioni, io rispondo che preferisco fermarmi tutta la settimana. Pensi che una volta mi hanno inviato a fare il giurato ad un festival musicale e volevano che giudicassi le canzoni ascoltando i cd. Io gli ho detto: “No, no, io voglio venire al festival” e mi hanno risposto: “Vieni, ma non ti possiamo pagare né il viaggio né l’albergo. E nemmeno la cena”. Il problema è che non solo non mi hanno pagato la cena, ma non mi hanno fatto cenare proprio!”.
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