Renzi e l’onore delle armi

Io credo che a Matteo Renzi vada riconosciuto quanto meno l’onore delle armi.

La vittoria del no, inutile negarlo, è stata anche frutto di una campagna elettorale terroristica: ci hanno fatto credere che se avesse vinto il sì saremmo finiti in un regime liberticida senza più alcun organo democratico, che Renzi avrebbe nominato personalmente deputati, senatori, sindaci, consiglieri regionali, vescovi, parroci e amministratori di condominio, che avrebbero costruito inceneritori ad ogni angolo di strada, le città sarebbero state saccheggiate da orde di boyscout fiorentini, i renziani avrebbero rilasciato scie chimiche ovunque, i Gremlins si sarebbero impadroniti del Senato della Repubblica, la Nazionale avrebbe perso i prossimi 15 mondiali di calcio, e che – comunque – se il sì avesse vinto sarebbe stato solo a causa degli italiani all’estero truffati da Renzi e dei brogli elettorali attuati attraverso matite copiative truccate.
A fronte di una campagna dai toni così esasperati, bisogna ammettere che Renzi ha compiuto cinque gesti a dir poco rivoluzionari, che nessuno aveva osato fare in Italia negli ultimi 722 anni:
1) Ha ammesso la sconfitta.
2) Ha rispettato il voto degli italiani (non ci dimentichiamo che noi siamo quelli che quando vinciamo siamo un grande popolo, quando perdiamo siamo un popolo di merda)
3) Si è assunto la piena responsabilità della sconfitta
4) Si è dimesso.
5) Ha fatto dell’autoironia (“volevo togliere le poltrone del Senato, e l’unica poltrona che è saltata è la mia”)
Se questo era un tiranno, allora è stato il tiranno migliore che l’Italia abbia mai avuto.
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