PERFETTI SCONOSCIUTI

“Non ero andato a vederlo perché appartiene a un genere di film italiano che non sopporto più: la commedia-dramma con attori famosi e ambientazione borghese. Poi ha vinto il David e persino il Tribeca festival, e mi è toccato.

E sono contento. Di quel genere che io non sopporto più, “Perfetti sconosciuti” è un’eccellenza, che ha saputo ereditare e riprendere il meglio della commedia italiana degli ultimi trent’anni: l’impietoso ritratto umano e le dinamiche relazionali tra vecchi amici di “Compagni di scuola” di Carlo Verdone e la struttura narrativa con finale a sorpresa di “Casomai” di Alessandro D’Alatri, ma anche rinfrescare due grandi ma inflazionatissimi attori come Marco Giallini e un’adorabile Alba Rorwacher. Che, forse non a caso, sono gli unici personaggi che escono “puliti” da una sceneggiatura che pur divertente e con dialoghi realistici (e non era facile, vista l’ambientazione, non cadere nell’artefatto e nel banale) forse calca fin troppo la mano sugli scheletri nell’armadio del gruppo. Personalmente, credo che la media delle persone che non hanno nulla da nascondere sia superiore a quella mostrata nel film (due su sette). Lo dico a ragion veduta, perché come tanti altri, io quella storia l’ho vissuta. Il gioco di mettere a tavola i telefonini, leggere insieme tutti i messaggi che arrivano e mettere in vivavoce tutte le telefonate no, non l’ho fatto mai. Ma non sono uno che si fa gli affari suoi e ogni volta che un amico mi ha lasciato in mano il telefonino o ha dimenticato il profilo facebook aperto sul mio computer, gli affari suoi me li sono fatti. E viceversa. E devo dire che è stato sempre molto interessante: c’è chi ha una doppia – anche tripla vita e a cui una banale distrazione può compromettere buona parte delle relazioni umane, e chi – come me, ma anche tanti altri – non ha niente da nascondere, può permettersi di gridare in piazza quello che ha sussurrato in chat, confermare senza troppo imbarazzo quello che si è scoperto in privato, e i rapporti li compromette più con le esternazioni pubbliche che con i segreti inconfessabili.

Da notare che Fiorella Mannoia non solo ha cantato la canzone omonima ma – udite udite – l’ha scritta!

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