NON C'ENTRA NIENTE IL DESTINO

di Arnaldo Casali (da Il Giornale dell'Umbria dell'8 aprile 2009)

Imperizia, negligenza, imprudenza, violazione delle norme antinfortunistiche. Sono queste le parole usate nella richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo di quattro dipendenti di Trenitalia.

Non c’è scritto che è stato il destino ad uccidere Franco Mariani tre anni fa, alla stazione di Terni, mentre lavorava. Non c’è scritto che è stato un malore, o una distrazione, o una fatalità. Perché invece è proprio questo che si disse, all’indomani di quel maledetto 6 aprile 2007, quando Mariani, 57 anni di cui 30 passati nelle ferrovie dello Stato, morì dilaniato da due vagoni durante una manovra.

“Dissero che era distratto, che ormai pensava solo alla pensione, per la quale gli mancavano due mesi. D’altra parte, lo sa, quando c’è un incidente mortale la colpa è sempre del morto”.

Daniela aveva conosciuto Franco che aveva appena sedici anni. Si erano sposati un anno dopo, nel 1977.

Trent’anni vissuti insieme, sempre. “Franco era una persona che amava la famiglia. Io vivevo per lui, e lui viveva per noi: per la moglie e per i figli. Sono passati tre anni, e ancora oggi mi sveglio di notte, allungo la mano sulla sua parte del letto e la trovo vuota. E poi non ce la faccio, a riprendere sonno. Allora mi alzo, scendo le scale e mi vado a mettere sul divano”.

Il processo per stabilire le responsabilità sulla morte di Franco Mariani di fatto è iniziato ieri, esattamente tre anni e un giorno dopo l’incidente. “Nessuno mi restituirà Franco, ma io non permetterò che venga infangata la sua dignità e che tanti lavoratori continuino a morire per far risparmiare qualche euro all’azienda. C’è una frase nella Bibbia: lotta fino alla morte e Dio lotterà con te. Io non voglio essere compatita, io voglio la verità”.

E’ una donna di ferro, Daniela Mariani: all’indomani della morte del marito aveva scritto una lettera al presidente della Repubblica in cui denunciava le condizioni in cui erano costretti a lavorare i manovratori della Stazione di Terni. E da tre anni lotta perché venga alla luce la verità.

Oggi, a fare chiarezza su quanto avvenuto quella mattina del 6 aprile c’è la relazione dell’ispettore dell’Asl Carlo Bravini, che ha portato il pm Barbara Mazzullo ad avanzare la richiesta di rinvio a giudizio di un manovratore, un macchinista e i responsabili dell’Ufficio di Terni e dell’Ufficio regionale della divisione Cargo di Trenitalia.

“Ci sono responsabilità gravi. L’azienda non ascolta la voce degli operai. Manca il personale e fino a un mese fa i manovratori lavoravano con delle radio talmente malmesse che per tenere ferme le batterie dovevano utilizzare degli elastici”.

Se le batterie si muovevano accidentalmente, i manovratori non potevano comunicare?

“Non solo, ma queste radio funzionavano su dei canali diversi. Quando i manovratori comunicavano tra loro utilizzavano un canale, ma per parlare con il dirigente di manovra dovevano passare su un altro canale, che escludeva gli altri. Insomma, la mano destra che non sa quello che fa la sinistra. Dalla relazione di Bravini emerge chiaramente che proprio questa è una delle cause della morte di mio marito: uno dei manovratori aveva lasciato la radio sul canale 4, e per questo Franco – che era sintonizzato sul primo – non ha potuto sentire la voce del macchinista”.

Nel 2009 altri due manovratori sono morti in Toscana.

“Quando sono state introdotte le radio è stato tolto un uomo ad ogni squadra, riducendole da quattro a tre. E già questo è assurdo. Non si possono togliere uomini a squadre che eseguono operazioni così delicate e pericolose”.

Una delle sue battaglie è stata proprio quella per dotare i manovratori di nuove radio, più evolute.

“Era una delle cose che avevo chiesto a Napolitano. Ora, proprio nel giorno dell’anniversario della morte di Franco, ho saputo che le radio sono state finalmente cambiate. Certo, sarebbe stato meglio se avessero ascoltato le voci dei lavoratori anziché le richieste di una vedova”.

A Napolitano aveva parlato anche di altri problemi.

“Avevo parlato del faro della stazione, che si era guastato e per sei anni non era stato riparato, costringendo i manovratori a lavorare al buio, di notte, e di altri disagi in cui dovevano lavorare i manovratori della Stazione di Terni”.

Napolitano le aveva risposto?

“Sì, siamo stati invitati al Quirinale e ci hanno consegnato una croce al merito per Franco. Io la chiamo la croce della morte. Una croce che si poteva evitare: il primo gennaio 2007 un manovratore della Stazione di Ancona aveva perso entrambe le gambe in un incidente. Se ne erano accorti subito, gli operai, che erano troppo pochi e che le radio non funzionavano. Ma non sono stati ascoltati”.

Cosa si aspetta dal processo?

“Mi aspetto delle risposte. La prima è sapere chi ha coadiuvato il macchinista durante la manovra che è costata la vita a mio marito. Perché su questo le testimonianze sono divergenti. La seconda domanda è: dove era l’altro manovratore a terra mentre chiedeva lo spostamento del locomotore?”.

Gli incidenti sul lavoro in Umbria negli ultimi cinque anni si sono dimezzati. Qualcosa sta cambiando?

“Sì, sono stati fatti dei passi in avanti, anche grazie all’impegno del presidente della Repubblica. Ma non vogliamo più sentir parlare di fatalità. Anche quando è morta la dottoressa Mascelloni si è parlato di fatalità. E’ morta perché è passata davanti ad un cantiere in cui non c’erano doppie protezioni e non c’erano fascette. No, non era il destino ad aspettarla quel giorno, come hanno scritto i giornali: ad aspettarla c’erano le figlie, il marito e la madre. Ma lei, come mio marito, a casa non è più tornata”.

LA RICOSTRUZIONE DELL'INCIDENTE

 
TERNI – Sono le 6.20 del 6 aprile 2007. Franco Mariani, tecnico di manovra, si trova al binario 7 della stazione di Terni, all’altezza del km 111, per agganciare un convoglio composto da 9 vagoni merci. Nello stesso tempo il macchinista, coadiuvato dall’altro manovratore, si trova dall’altra parte della stazione, al km 112. Il secondo manovratore chiede al dirigente di manovra la possibilità di portare il locomotore a fare rifornimento, ma la risposta è negativa perché i binari sono occupati da un altro convoglio. Dopo la comunicazione con il dirigente di manovra, il secondo manovratore dimentica di riportare la radio sul primo canale. Di conseguenza, da questo momento, i manovratori non possono comunicare tra loro.
Dieci minuti dopo il macchinista porta il locomotore a fare rifornimento e inizia la manovra di aggancio al convoglio, al termine del quale sta lavorando Mariani. Avvisa tramite la radio l’altro manovratore, ma nessuno può sentirlo. Nemmeno Mariani, che continua a lavorare ignaro di quello che sta accadendo dall’altra parte del treno dove, senza l’ausilio del manovratore a terra, il macchinista si avvicina al convoglio fino ad urtare il primo vagone e creando una reazione a catena che arriva fino alla coda del treno, dove Mariani viene schiacciato tra il penultimo e l’ultimo vagone, morendo sul colpo.

38_Terni

scarica la pagina del giornale

Precedente LA CRITICA Successivo IL BIS BUS