MIA MADRE: NANNI MORETTI RICONCILIATO

E’ un film pacato e sorprendente, Mia Madre: totalmente autobiografico, eppure il meno morettiano, dei film di Nanni Moretti.

Il più autobiografico, perché – come era successo in Sogni d’oro, Caro diario e Aprile – Nannì racconta un episodio, o per meglio dire un periodo, della sua vita, senza mediazioni, senza schermi e anche in modo molto lineare.

Nell’ottobre del 2010, mentre Nanni stava girando Habemus Papam con protagonista un grande divo straniero (il francese Michel Piccoli) la mamma Agata ha avuto un incidente, cui è seguita una polmonite e la morte A 89 anni. Mia madre ricostruisce fedelmente quegli eventi nei minimi dettagli. A differenza di quanto fatto in passato, però, Nanni decide di non far interpretare la storia ai personaggi reali (in Aprile c’era tutta la sua famiglia nei panni di sé stessa, compresa mamma Agata): se la storia rispecchia in modo dettagliato quanto realmente successo, l’unico filtro sono i volti e i nomi dei personaggi: così Nanni diventa una donna interpretata da Margherita Buy (ormai da tempo sua nuova attrice-feticcio), lo stesso Nanni interpreta il fratello (ovvero sua sorella Silvia – o forse suo fratello Franco), al posto del francese Piccoli c’è il divo americano John Turturro e il film nel film non parla di Vaticano ma di un altro grande tema di attualità: quello dell’industria e del lavoro. Anche il figlio Pietro si limita a cambiare  sesso, diventando Livia, mentre tutto il resto rispecchia fedelmente la realtà, dall’età- 14 anni – ai rapporti con la nonna, interpretata straordinariamente da Giulia Lazzarini.

Nella vita familiare di Nanni Moretti, peraltro, c’è anche un’altra novità: se fino ad oggi i suoi film avevano raccontato tutte le fasi del rapporto con Silvia Nono (dalla nascita del figlio alla separazione), oggi spunta anche un amante: nel film è  Enrico Iannello ed è un attore. Nella realtà non sarà stato – a questo punto – un caso se proprio nel periodo dell’uscita di Habemus Papam Moretti è stato fotografato spesso insieme a Isabella Ragonese. E, a dirla tutta, io stesso li ho incontrati insieme, una sera, in un ristorante di Trastevere.

Ma torniamo al film: il più autobiografico abbiamo detto, e abbiamo spiegato perché. Ma anche il meno morettiano. Addirittura meno morettiano de La stanza del figlio dove i tic tipici del personaggio-moretti, pur se attenuati, erano presenti. Qui per la prima volta Nanni si fa davvero serio. Il personaggio che interpreta – che, come dicevamo è di fatto quello di suo fratello o di sua sorella – è tutto il contrario di sé stesso: una figura equilibrata, saggia, che si contrappone a Margherita-Nanni che conserva, invece, buona parte delle caratteristiche morettiane, ma comunque stemperate dalla personalità della stessa Margherita Buy che alla protagonista oltre che il nome dà anche gran parte della sua personalità, riuscendo a svincolarsi da quella – ingombrante – del regista-sceneggiatore-personaggio.

Nanni si fa serio in ogni senso, insomma, e fa anche – per la prima volta – una coraggiosa e spietata autocritica. Dopo dieci film in cui ha detto la sua sul mondo, criticando tutto e tutti, questa volta accetta che il mondo dica la sua su di lui, ammettendo anche che ha ragione.

E per la prima volta, Nanni Moretti tira fuori un film sobrio. In ogni senso: non ci sono più le esternazioni di Io sono un autarchico e Ecce Bombo,  l’autocompiacimento di Sogni d’oroCaro diario, l’esasperato narcisismo di Aprile, le gag surreali di Bianca e Palombella Rossa, i fuochi d’artificio registici del Caimano e Habemus Papam ma nemmeno la potenza tragica e magniloquente di La stanza del figlio. 

Recensendo Habemus Papam avevo detto che era un film non riuscito, perché Nanni si era accontentato di un’idea geniale senza sforzarsi di svilupparla a dovere. Dopo aver visto quest’altro film, capisco anche perché. Perché Nanni Moretti, in quel periodo, aveva altro per la testa. Oggi ha effettuato un’operazione esattamente agli antipodi: quella di Mia madre non è affatto un’idea geniale, anzi. Ma è raccontata davvero bene, senza fronzoli, senza narcisismo, con la sincerità e con l’amore di un figlio che alla madre aveva dedicato – oltre al cognome del suo celebre alter ego Michele Apicella – anche tanti indimenticabili personaggi, a cominciare dalla mamma di Sogni d’oro interpretata da Piera Degli Esposti (“No, io il complesso di Edipo non lo voglio superare!” gridava Nanni picchiandola) in un altro film autobiografico che raccontava l’esplosione del fenomeno Moretti dopo il successo di Ecce Bombo e dove il film nel film era, significativamente, La mamma di Freud.

Mia madre è un film semplice, che racconta con sobrietà una storia normale: proprio ciò che Nanni Moretti si era rifiutato di fare per tutti questi anni. Eppure proprio in questa sobrietà, in questa normalità, in questo scrivere – per una volta – nelle righe senza mai andare sopra, sta la bellezza di questo film. Un film piccolo verrebbe da dire, ma sincero e – soprattutto – riconciliato.

 

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