LETTERA DI VINCENZO POLICRETI SU “VALENTINO”

Caro Arnaldo,

ti avevo promesso di acquistare e leggere il tuo Valentino e poi di dirti cosa ne pensassi.

Ho puntualmente adempiuto alle prime due promesse ed eccomi a mantenere anche la terza.

Il tuo lavoro è affascinante. Scritto con scrittura agilissima: non a caso sei un ottimo giornalista; molti giornalisti si cimentano nella letteratura (è quasi inevitabile), ma non tutti sanno resistere alla tentazione di cercare un linguaggio più letterario e raramente la cosa funziona. Tu questo pericolo l’hai evitato a tutto vantaggio della scioltezza e dell’autenticità del testo.

Autenticità preziosissima, in un lavoro dove la frottola – o spiritosa invenzione, per dirla con Goldoni – o anche, perché no, ipotesi plausibile – serpeggia ovunque, così che mentre il lettore, ammaliato, incuriosito, intrigato, cerca di individuarla, lei (l’invenzione) ha già cambiato sede e registro e tocca andarsela a cercare altrove. E comunque, come tu bene dici nella nota che segue il romanzo, nessuno mai la potrà trovare con certezza. Sembra un disegno di Escher, di quelli che uno li sta a guardare per ore, senza decidersi a distaccarsene, proprio perché l’innata tendenza a dare un senso (leggi: una verità) alle percezioni, si trova qui, non meno che nel tuo libro, in irrimediabile stallo.

Ma il tuo romanzo, tanto apparentemente sciolto e disimpegnato, rivela nell’autore una grande cultura e una sicura conoscenza della storia: del resto non si volteggia con la padronanza che dimostri tu, in un terreno che non si conosca bene.

Molto divertenti tutte le citazioni che dissemini, come tracce di una caccia al tesoro, un po’ dappertutto; alcune le ho riconosciute (adoro Catullo), altre solo intuite. Irresistibili i passi in cui, con l’aria innocente di parlare di cose antichissime, alludi a realtà contemporanee: oh, quella tirata contro il tifo calcistico, introdotta dal nome Terni – anziché Interamna per chi avesse la tentazione di non capire – precisa come la freccia! Altro che gladiatori!

Molto bella poi la tesi generale del libro. Tu individui la santità non nella fede, ma nell’amore. Valentino è santo non perché testimonia la sua fede col martirio (del quale infatti, con un colpo di genio di gran gusto, non parli), ma perché ama.

Da tempo io sostengo che un cattolico non è necessariamente un cristiano (anche se lo dovrebbe) e che un cristiano difficilmente può essere cattolico (anche se sarebbe giusto). Nella mia vita ho trovato assai spesso ben poco cristianesimo in cattolici ferventi.( A proposito: ti manda i suoi saluti l’on.Andreotti. Da dove? Dal paradiso, ovviamente, da dove se no?), mentre ho incontrato autentici cristiani che di essere cattolici non curavano più che tanto; e ho sempre preferito i secondi ai primi. Naturalmente dire che cattolicesimo e cristianesimo sono incompatibili, è una provocazione. Ma credo contenga, a livello statistico non certo teorico, un nucleo di verità. Il pecca fortiter, crede fortius protestante diviene qui pecca fortiter, ama fortius. Per le mie orecchie e per il mio cuore, musica – è il caso di dirlo – divina.

Ho tuttavia l’impressione che tu non abbia rivelato completamente i tuoi modelli letterari. E’ vero che tra le cianfrusaglie che sciorini dalla tua bisaccia citi – con precisa allusione – Sienkiewicz. Ma il Dan Brown che quasi te lo fa credere davvero che Cristo era l’amante della Veronica e che da tutti e due discende la casa reale di Francia? E il Pennac, con i suoi affascinanti salti temporali, cui mi sono ispirato anch’io nel mio Il ladro e la verità e che sono un espediente splendido per ammaliare il lettore e dar e velocità e scioltezza al testo?

Però… in cauda venenum (siamo rimasti io e te soli a parlar latino?). Ti avevo detto anche che ti avrei rivisto le bucce con assoluta sincerità. Ed ecco.

I punti deboli, secondo me, del tuo Valentino sono quelli agiografici. Dove smetti di essere il narratore scanzonato e imbroglione e trovi un conformismo ad plebis aedificationem, che a me ha dato un certo fastidio. Devo dire che io davanti alla retorica recalcitro come.. come che? Beh, diciamo come il diavolo di fronte all’acqua santa. Nei fortunatamente rari passi in cui ti lasci andare ad un cristianesimo di maniera, tra l’altro in stridente contrasto con tutto lo stile impertinente e scanzonato del tuo bel lavoro, l’arte narrativa cade come una vela in bonaccia. E questo per l’ottimo motivo che edificazione e letteratura sono cose diverse. Mentre nell’edificazione e nell’agiografia, che ne è parente, l’aperta lode al personaggio è la regola del gioco e quindi è accettabile, se non decisamente opportuna, in letteratura l’autore deve limitarsi a presentare le cose in modo tale che poi sia il lettore a dire: ”Ma che bravo quel personaggio! Ma che santo quel Valentino!” Perché se lo dici tu apertamente, invece non vale.

Ma consolati: nello stesso, identico errore cade Manzoni quanto deplora apertamente don Rodrigo o incensa stucchevolmente Cristoforo. E nello stesso errore era caduto il povero Renzo Segoloni nel suo Romero; ma tra me e Miriam gli abbiamo tagliato a man bassa tutte le lodi aperte per il suo santo personaggio, trasformando un lavoro che – ben a differenza dal tuo! – era inaccettabile, in un testo di tutto rispetto.

In fin dei conti però penso che anche il tuo Valentino si sarebbe giovato di qualche taglio; ma è un appunto marginale e te lo faccio soprattutto per confermare la mia consolidata nomea di enfant terrible dei salotti buoni.

Avevo già molta simpatia per te, anche prima di leggere il tuo libro; ad essa ora s’aggiunge una vera, grande stima. Sono davvero contento che in questa città – mia ahimè solo per adozione – vi siano persone della tua intelligenza, della tua cultura, del tuo spessore.

Mi dispiace semmai che l’enorme differenza generazionale tra la tua gioventù e la mia vecchiaia m’impedisca di essere anche, intimamente, personalmente, scanzonatamente, un tuo amico.

Cura ut valeas.

Vincenzo

P.s.: levami una curiosità: non sono sicuro di avere individuato Saint-Exupery. E’ forse quando, al risveglio, Valentino si trova di fronte il ragazzino?

P. p. s.: Se hai piacere di usare questa mia lettera, in tutto o in parte, a scopo pubblicitario o recensorio, te ne do qui piena e totale autorizzazione.

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