LA ROSA DI SANGUE

“Il regime che c’è oggi è molto più feroce e autoritario di quello che avevamo sotto il fascismo”.

Angela sollevò lo sguardo dal telefonino.

“Cosa?”

“Quello che ti tiene con la faccia appiccicata a quel coso. Là dove il fascismo ha fallito, sono riusciti la televisione e internet”.

“Scusa nonna, mando un altro messaggio e sono tua. Ecco. Che dicevi?”

“Dicevo che Mussolini ci aveva cambiato il vestito, ma non era riuscito a cambiarci la testa: ci aveva tolto la libertà, ma non ci aveva tolto la voglia di libertà. Voi invece siete diventati schiavi della vostra stessa libertà. Nessuna dittatura, piccola mia, nemmeno la più sanguinaria, era mai riuscita a farci abbassare la testa come ci riescono quei cosi lì. Ma guardati: sempre inchinata. Sottomessa”.

“Sette mi piace in appena un minuto, nonna! Un record” rispose la ragazza senza staccare lo sguardo dal piccolo schermo.

“Cosa?”

“Otto! Per la tua bellissima frase su fascismo, televisione e internet. L’ho postata su facebook… nove! Sei grande”.

Liliana scosse la testa. “E’ incredibile fino a che punto siano riusciti a penetrare nelle vostre coscienze, a controllare la vostra vita. Non siete più nemmeno sudditi, siete solo consumatori”.

“Andrea commenta: ‘questa è di Pasolini. Almeno citalo!’. Nonna, ma che figure mi fai fare?”

“Vuoi mettere via quel coso, per favore?”

Angela infilò lo smartphone in tasca.

“Ma noi per che cosa abbiamo lottato, eh?” sbottò Liliana. “E’ questo che vi abbiamo lasciato in eredità? La libertà di essere lobotomizzati? … scusa, Angela. Sto facendo discorsi da vecchia, lo so”.

“Ma no, hai ragione”.

“E’ che sono così nauseata da tutto. Tu non immagini quanto possa essere frustrante vedere i propri ideali svenduti da un branco di ladri imbecilli per spartirsi poltrone e strapuntini di potere in tutti i palazzi. E mi chiedo: a che cosa è servito? Che cosa abbiamo costruito? Abbiamo lottato contro un regime violento per vedere la nostra libertà ridotta così. Questo è il vuoto assoluto: è mille volte peggio di un regime sanguinario, perché non ti puoi ribellare. Il nemico non ce l’hai fuori, ce l’hai dentro. Volevamo costruire un mondo nuovo: ecco cosa abbiamo costruito. Pensavamo che la Liberazione fosse la Primavera della democrazia, invece era l’autunno della civiltà”.

“Non è così, nonna. C’è tanta gente che si ribella a questo sistema. Stiamo facendo tante cose”.

“Non spuntano le rose d’inverno. E non ho mai visto un inverno più gelido di quello che sta vivendo la nostra civiltà”.

“L’inverno è finito, te lo garantisco. Abbiamo toccato il fondo, la nostra generazione si sta preparando a cambiarle davvero, le cose”.

“E con che cosa, con un vaffanculo?”

“Non parlare come una qualunquista. Non fermarti al linguaggio” e tirò fuori di nuovo lo smartphone, ci strisciò il dito e mostrò lo schermo a Liliana. “Stiamo facendo tantissime cose, guarda”.

“Angie, non si fa la rivoluzione con il computer. Quello serve solo a rincoglionirsi”.

“Questo lo dici tu. Internet è il più grande strumento democratico che sia mai esistito. Non è autoritario, è orizzontale: uno vale uno. Qui non contano i soldi, o le raccomandazioni, o gli apparati politici come nei giornali e in televisione. Qui conta quello che hai da dire”.

“Sì, ma solo se hai da dire cazzate. Fa più successo un gatto che suona il pianoforte che un progetto politico, e anche i pensieri più profondi vengono banalizzati, addomesticati: ci mettono sopra una foto con un fiore e lo fanno girare finché non diventa un’idea banale e innocua. Là dentro Martin Luther King vale come Fabio Volo, Giovanni Falcone come Roberto Saviano”.

“Nonna, ti dovresti iscrivere a facebook, non puoi parlare di una cosa che non conosci”.

“E neanche tu, quindi per favore non parlare di lotta partigiana e rivoluzione, per favore. Che fine hanno fatto i nostri valori, che fine ha fatto il comunismo?”

“E’ morto da un pezzo, nonna! Sono morte tutte le ideologie, e grazie a Dio, visto i danni che hanno fatto! Qui non importa più essere di destra o di sinistra, qui bisogna rifondare tutto, ripartire da zero. Non c’è più la differenza tra fascisti e comunisti, qui la differenza è solo tra persone oneste e ladri, tra chi vuole fare davvero qualcosa di concreto per la propria comunità, e chi punta a solo a farsi i cazzi suoi. E non c’entra più niente l’ideologia: nel nostro movimento ci sono persone di destra e di sinistra, cattolici e anticlericali, e lottano tutti insieme, insieme a gente che la politica non l’ha fatta mai”.

“Allora siete proprio come noi: anche tra i nostri c’erano liberali e socialisti, comunisti e democristiani, clericali e mangiapreti…”

“Noi abbiamo suore e fricchettoni!”

“Suore?”

“Sì, abbiamo anche una suora. Volevamo candidarla a sindaco, ma il vescovo ce l’ha impedito”.

“Noi, invece, avevamo un prete”.

“Davvero?”

“Sì, don Concenzio, il cappellano della Brigata Gramsci. Un eroe vero”.

“E’ la prima volta che ti sento parlare bene di un prete”.

“Don Concenzio ha dato la vita per noi. Senza venire meno ai suoi doveri ci ha aiutato e ha salvato la vita a tanti. Ed è morto come Cristo: il venerdì santo alle tre di pomeriggio, giovanissimo. Aveva appena 27 anni”.

“Anche lui nel club delle rockstar”.

“Cosa?”

“Il Club dei 27: Jim Morrison, Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Kurt Cobain, Amy Winehouse. Sono morti tutti a 27 anni”.

“Sì, solo che lui non è morto di droga, è stato ucciso dai nazisti”.

“Non la conoscevo questa storia, raccontamela”.

 (continua…)

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