Jovanotti a Bruxelles

Italiani Veri!

Gepostet von Arnaldo Casali am Samstag, 23. Juni 2018

Sabato 23 giugno sono stato per la quarta volta a un concerto di Jovanotti.

La prima e la seconda volta erano state a Perugia, nel 1997 e nel 1999. La terza a Rieti nel 2006. Questa volta eravamo al Forest National di Bruxelles.

Inutile dire che eravamo quasi tutti italiani: d’altra parte a Bruxelles ad ogni angolo che giri senti parlare la nostra lingua. Certo, non credevo saremmo stati così tanti da riempire un teatro che ha le dimensioni di un palasport (vedi le differenze: in Belgio i palazzetti li costruiscono direttamente per la musica, il fatto che in Italia ci si adatti a strutture costruite per eventi sportivi dà la misura della dignità che ha la cultura nel nostro paese).

Il pubblico, devo dire, era quasi tutto piuttosto attempatello. E per attempato – ahimé – intendo la mia età. Quarantenni che con Lorenzo Jovanotti Cherubini ci sono cresciuti, e che magari si ritrovati a lavorare in Belgio, non i ragazzini che invece trovi ancora nei concerti italiani.

Lui è incredibile. Parlare dell’energia di questo giovanotto di 52 anni (mai nome d’arte fu più azzeccato) è fin troppo banale. D’altra parte ha due personal trainer al posto della cocaina.

No, non è l’energia, che mi stupisce: ma la creatività, la fantasia, il suo saper inventare e reinventarsi ogni volta, la voglia che – dopo 30 anni di carriera – ha ancora di sperimentare, di stupire e di divertirsi. In una parola: di fare s p e t t a c o l o. Il più grande dopo il Big Bang!

Gepostet von Arnaldo Casali am Samstag, 23. Juni 2018

Già. Sono trent’anni! Era il 1988 quando – di questi tempi – uscì Gimme Five! Io lo conoscevo già come presentatore di Deejay Television e il suo “Venerdì grasso” in occasione del concerto di Michael Jackson del 23 maggio era già entrato nel mio archivio di videoregistrazioni e nella mia memoria. Fu il primo a portare il rap in Italia e a me il rap faceva schifo, quindi la sua musica non la ascoltavo. Daniele Casali, invece, comprò “Jovanotti for President”, non perché gli piacesse il personaggio (a quei tempi due terzi degli italiani lo considerava un idiota) ma proprio perché gli piaceva quella musica.

Io, invece, continuai a seguirlo per anni solo come personaggio televisivo, fino a quando – nel 1994 – Emanuela Domenichetti, che era una sua grande fan – non mi registrò un paio di cassette che cambiarono la mia vita. Nel 1995 mi feci regalare per compleanno la sua prima raccolta, quella con “L’ombelico del mondo” e due anni dopo iniziò la mia carriera di “fan assoluto”.

Di fatto in tutti questi anni in cui non ho mai smesso di comprare i suoi dischi e di seguirlo con entusiasmo, Lorenzo Jovanotti Cherubini per me è diventato un modello poetico, un maestro di saggezza, un compagno di viaggio, un vero fratello maggiore: è diventato persino un personaggio del mio romanzo Valentino. Il Segreto del Santo Innamorato di Arnaldo Casali dove “interpreta” il ruolo di san Lorenzo, che parla sempre attraverso citazioni delle sue canzoni.

La sua musica è stata la colonna sonora del mio percorso civile e politico, e di tutte le storie d’amore: ogni album lo associo ad una fidanzata.

Gepostet von Arnaldo Casali am Samstag, 23. Juni 2018

Eppure, curiosamente, di tutti i miti della mia giovinezza, è l’unico che non ho mai conosciuto di persona.

Tutti gli altri – Francesco Salvi, Alessandro D’Alatri, Enrico Brizzi, Nanni Moretti, Beppe Grillo – ho avuto molte occasioni per incontrarli e parlarci, con qualcuno addirittura è nata addirittura un’amicizia profonda. Lui mai: è sempre rimasto sul palco e dietro i dischi, e confesso anche di non aver mai avuto fatto nulla per cercare di conoscerlo. E pensare che Miguel Hernandez si limitò ad andare a Cortona a casa sua!

Ma già una decina di anni fa ho iniziato ad avere un pensiero quasi scaramantico: Quando mi sono accorto che grazie al mio lavoro ero riuscito ad avvicinare praticamente tutti i miei miti e che di fatto mi mancava solo lui, ho iniziato a pensare che se un giorno fossi riuscito a intervistare Jovanotti, quella sarebbe stata la mia ultima intervista.

Tornando alla serata: a ventidue anni anni dal primo devo dire che non ha fatto che migliorare: Il concerto di Bruxelles è stato molto più bello del primo, del secondo e del terzo che ho visto. Le videoproiezioni sono più magnificenti di quelle degli U2 (e ce ne vuole, ce ne vuole davvero!) il suo infilarsi – in modo estremamente poetico – nei panni di don Chisciotte mi ha convinto definitivamente a leggere l’imponente libro che Eleonora Pellegrini mi ha regalato per compleanno.

Gepostet von Arnaldo Casali am Samstag, 23. Juni 2018

La scaletta stessa non ha niente di banale: un pescare quasi a caso in trent’anni di carriera, recuperando brani scomparsi da decenni, con un divertente “set” da dj in cui ha mixato brani che spaziavano da “Muoviti muoviti” a “Tanto” e – per la prima volta in assoluto – una cover: “L’italiano” di Toto Cutugno, che in Belgio ci sta davvero tutta.

Siccome ormai ho 43 anni, stavolta la maglietta non me la sono comprata, e nemmeno il cappellino. Ma sono uscito dal Forest National davvero con il cuore caldo: più che un concerto è stato – ancora una volta – una festa, un abbraccio collettivo. E Dio sa quanto, in questo periodo, abbiamo bisogno di abbracciarci.

Gepostet von Arnaldo Casali am Samstag, 23. Juni 2018

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