JEEG ROBOT: LA RICETTA DEL CAPOLAVORO

Prendete cinquanta grammi di Romanzo Criminale e altrettanti di Spider-Man, aggiungete un po’ di Il ragazzo invisibile, insaporite con un pizzico di Leon, condite tutto con Quentin Tarantino, bagnate con gocce di Piccolo Principe fino a ottenere un impasto morbido e delicato, cucinate con i migliori attori italiani in circolazione, un regista di talento e uno sceneggiatore geniale, e servitelo fresco su cartoni giapponesi anni ’70.

Come si chiama? Ovviamente Jeeg Robot.

Un supereroe non solo riluttante, ma squallido, tossico, segaiolo e delinquente, innamorato e redento da una ragazza ritardata.

Un film diverso da qualsiasi altro prodotto oggi in circolazione, che dimostra quanto la mia generazione possa dire e possa fare, se solo qualcuno gli dà un po’ di spazio.

Un’opera che dimostra che noi italiani, quando vogliamo, il cinema lo sappiamo fare così bene, che anche se prendiamo il genere più americano che americano non si può, all’americani je famo er culo a stelle e strisce.

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