Il nuovo assessore alla cultura

Circa dieci secondi prima che segnasse la Francia, nella semifinale contro il Belgio ho letto la notizia della nomina di Andrea Giuli a vicesindaco di Terni e assessore alla cultura, e all’improvviso non me ne è fregato più nulla della partita.

Che dire, sono saltato sulla sedia: dalla sorpresa e dalla gioia.

Innanzitutto perché con un tecnico vicesindaco e altri due in giunta Leonardo Latini dimostra di essere un sindaco vero e non il burattino dei partiti che era stato ventilato dai suoi oppositori, ma anche da alcuni sostenitori.

Aveva promesso (anche nell’intervista che abbiamo fatto) una giunta basata sulle competenze, e non sulle spartizioni tra i partiti, e ha mantenuto la promessa fatta.

I due nomi ripetuti come un mantra dai sostenitori di Thomas De Luca in campagna elettorale (e già esclusi, seppure in via informale – io l’avevo scritto, detto e ripetuto) non figurano nella lista.

Dei nove assessori della giunta Latini ne conosco personalmente tre, e di tutti e tre ho molta stima.

Personalmente, visto il lavoro che faccio, l’unico assessorato che mi interessava davvero era quello alla cultura: che potesse essere Andrea Giuli un po’ (pochissimo, a dire il vero) ci speravo, ma che potesse addirittura essere vicesindaco non me lo sarei mai aspettato.

Non posso nascondere la felicità che provo per questa notizia: è ovvio che avere un collega alla cultura, per un giornalista, è già motivo di grande soddisfazione. Ma per me Andrea è più di un collega: è stato il mio compagno di lavoro per ben 15 anni: quindici anni in cui abbiamo condiviso, gomito a gomito, tutto. Insomma è un fratello maggiore, che spesso mi ha guidato proprio nella conoscenza di quello che avveniva a Palazzo Spada: al Giornale dell’Umbria lui si occupava di politica e io di cultura e quindi gli assessori alla cultura, spesso era proprio lui a presentarmeli.

Conosco molto bene i suoi pregi e anche i suoi difetti. Ci ho anche litigato tanto, ma devo dire che è l’unica persona con cui sono riuscito a litigare anche pesantemente, senza mai perdere né la stima né l’affetto.

Perché il nuovo vicesindaco è una persona che ha una faccia sola: dice quello che pensa e pensa quello che dice. A volte anche in modo brutale, ma mai ipocrita.

D’altra parte anche i suoi insulti sono poesia, tanto che io spesso me li scrivo. Il più bello credo che resti senza dubbio:

“Sei un naufrago che osserva il suo cervello andare alla deriva”.

Una persona di cultura all’assessorato alla cultura è già una notizia. Un artista è un notizione. Quantunque la politica sia sempre stata la sua grande passione (anche se non l’ha fatta mai in modo attivo, da quando lo conosco) e il giornalismo – da diciassette anni – il suo mestiere, lui resta soprattutto un poeta. L’unico poeta professionista che conosco. E un poeta come assessore alla cultura, chi se lo sarebbe mai aspettato?

Sicuramente è una persona che conosce bene la macchina comunale, visto che si è sempre occupato di politica, ma certo non è un uomo messo lì dal partito né tanto meno perché “porta voti”. E Il fatto che Leonardo Latini abbia scelto come suo collaboratore più stretto una persona che non solo non era candidata, ma che per tutta la campagna elettorale è rimasta neutrale, facendo il suo lavoro di cronista e di osservatore, è qualcosa che ridona un po’ di fiducia nella politica.

E poi Andrea Giuli non è semplicemente un intellettuale e un giornalista: è un artista, ma un artista vero perché è completamente matto. Matto davvero: è un folle, di quelli che non si capisce mai se scherza o dice sul serio, tanto che all’inizio credevo che anche questa notizia fosse uno scherzo.

Non potevo pensare che nelle stanze del potere potesse entrare un anticonformista, un folle, una figura imprevedibile e ingestibile.

Dio sa se la politica – con i suoi calcoli, i suoi intrallazzi e le sue ipocrisie – ha bisogno di un po’ di follia per rigenerarsi.

Beh, mettere la cultura di Terni nelle mani di un artista folle, mi sembra un’idea assolutamente geniale.

Vedremo come andrà: magari andrà malissimo, ma certo è meglio fallire avendo osato.

Io non so se sarà un buon assessore, se dopo aver denunciato per vent’anni le malefatte del Comune, riuscirà a farle bene, lui, le cose: ma so per certo che ce la metterà tutta. Lo so che sembra una sviolinata incredibile, ma ripeto: 15 anni di lavoro insieme tutti i santi giorni faccia a faccia non sono pochi. E una cosa che posso testimoniare di lui, è che è un gran lavoratore. Uno che non guarda l’orologio, che non fa mai le cose a cazzo di cane. Uno che vuole essere il migliore: era il primo ad arrivare in redazione e l’ultimo ad andarsene. In una parola: un uomo a p p a s s i o n a t o. E non è facile trovarne in giro, di questi tempi. Tanto più è raro trovare gente appassionata, e anche capace!

Questa città, così disillusa, così depressa, così ripiegata su sé stessa, ha bisogno davvero di qualcuno che abbia il coraggio e la passione di osare.

La mia impressione è che – come si disse quando Farbanks, Chaplin, Pickford e Griffith fondarono la United Artists – i matti hanno rubato le chiavi del manicomio. Era ora!

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