FRANCESCO A SAN CRISTOFORO

 

Non è più il “matto di Assisi” ma un personaggio già conosciuto in tutta Italia e venerato da molti come santo, Francesco di Bernardone, quando arriva a Terni; ma è anche, allo stesso tempo, una vecchia conoscenza.

Umbro di nascita rimasto fedele alla sua terra, Francesco – a differenza della maggior parte dei suoi ‘colleghi’ – pur predicando in giro per il mondo non aveva mai lasciato la sua città. Naturale quindi che l’Umbria sia stata la terra privilegiata della sua predicazione. Numerosissime sono le fonti che raccontano di prediche e miracoli avvenuti a Narni, San Gemini, Piediluco e altre zone del ternano. E noti sono gli eremi dove soggiornò, come la Romita di Cesi e lo Speco di Narni.

Delle sue presenze in città – che dovettero essere molto frequenti perché Francesco ci passava quasi ogni volta che doveva andare verso Roma – è rimasta testimonianza tanto nelle fonti francescane quanto in quelle ternane.

L’episodio più conosciuto è senza dubbio quello della predica davanti  alla chiesa di San Cristoforo: siamo nel 1213 e Francesco si trova al culmine della sua vita religiosa: ha 31 anni ed è nel pieno delle forze, ha appena accolto nella sua fraternità Chiara di Offreduccio aprendo così la nuova congregazione religiosa anche alle donne. Tre anni fa ha incontrato papa Innocenzo III che ha approvato la sua iniziativa trasformando, di fatto, un ‘pazzo’ in odore di eresia nel fondatore di un nuovo ordine religioso. Un ordine che non è però ancora strutturato con una regola, un abito e dei conventi, ma riesce ancora a fondarsi sulla spontaneità di una vocazione religiosa che chiede solo di seguire alla lettera il Vangelo. Nello stesso tempo, però, il vecchio gruppo di amici assisiani si sta allargando sempre di più e inizia a schierare tra le proprie fila i primi frati “di seconda generazione” provenienti da tutta Italia.

E’ insomma già una celebrità il Francesco che, ospite del priore della chiesa di San Cristoforo, viene accolto con curiosità ed entusiasmo dai ternani, ansiosi  di ascoltarlo.
Vale la pena di sottolineare che essendo un laico e non un prete, Francesco non può predicare in chiesa né dissertare di teologia. I suoi discorsi si tengono dunque all’aperto e, vista anche la cultura squisitamente laica dell’ex mercante, appaiono molto più vicini ad un comizio che ad un’omelia.

Trovandosi circondato dalla folla in via Camporeali, racconta Francesco Angeloni, Francesco sale sopra un grosso tronco di colonna, detto “il pietrone di San Cristoforo” e inizia a predicare al popolo della città, che lo ascolta catturato dalla sua parola. Per farsi un’idea dello spettacolo a cui assistono i ternani, si può leggere la testimonianza di Tommaso da Spalato riferita ad una predica tenuta dal santo a Bologna: “Il suo discorso non aveva nulla del tono né dei modi di un predicatore; somigliava piuttosto ad una conversazione e non mirava che a placare gli odi e a ricondurre la pace. L’abbigliamento dell’oratore era miserabile, il suo aspetto dimesso, il suo volto senza bellezza”.

La tonaca che indossa, grigio-marrone, ha così tante toppe da sembrare quasi la veste di Arlecchino. E non c’è nulla di strano visto che è lui stesso a definirsi “Giullare di Dio”. Il popolo lo ascolta e lo applaude.

Finita la predica Francesco torna dentro la chiesa ed “essendo ivi il padre san Francesco visitato da un gentiluomo e convitatolo a mangiare con esso lui, non si trovò vino in quella casa; laonde comandò che si recasse un fiasco di certo aceto, che v’era, il quale fu poi ritrovato perfettissimo  vino”.

Un episodio, questo, che ricorda quello delle nozze di Cana, narrato nel vangelo di Giovanni 2,1-11 e, come quello che segue, ci testimonia come nei racconti popolari, la figura del santo di Assisi fosse sempre più assimilata a quella di Gesù stesso. “O fosse allora o in altro tempo – prosegue Angeloni, che riprende le cronache di Marco da Lisbona – che caduto nella medesima  città un muro sopra un giovanetto, che morì, entrò Francesco in quella casa, dove se ne faceva il pianto; e giunto al cataletto, preso il giovane per un braccio chiamollo a nome, e quegli resuscitato, come se dal sonno si foste desto, profetizzandogli, che senza aver prole dalla moglie vivrebbe, come seguì”.

Lo storico racconta anche che in seguito i ternani avevano edificato sette chiese francescane “cioè due dei minori, una dei conventuali, una dei cappuccini, con due monasteri di monache, e un’altra chiesa e convento sopra il monte  dedicata alla santissima Trinità col nome di Romita vecchia, e pure cappuccini vi dimorano, dove si ha tradizione, che tal fiata vi stanziasse san Francesco”.  

Conservato gelosamente, quel pietrone sul quale era salito il santo quel giorno del 1213 di fronte a San Cristoforo viene collocato prima nella chiesa di San Francesco, poi torna nella sede originaria per ospitare la statua che ricorda oggi l’evento, accanto alla vecchia chiesetta di San Cristoforo e di fronte a quella nuova, edificata negli anni sessanta.

(da Il Giornale dell’Umbria del 5 ottobre 2008)

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