EMANUELA AURELI, QUESTE NON SONO IMITAZIONI

 

No, queste proprio non sono imitazioni. Al suo debutto come pittrice, con una mostra allestita nella chiesa del Carmine fino domenica 18 nell’ambito della Città del Maggio, Emanuela Aureli – la più celebre imitatrice italiana, star di Domenica in e reduce dal successo del suo primo one-woman-show al teatro Parioli – svela un lato nascosto della sua arte, che si caratterizza proprio per l’originalità.
 
Perché le opere di Emanuela Aureli non assomigliano a quelle di nessun altro pittore, e il suo stile naif (“naif-schifezza” scherza lei) è capace di passare con disinvoltura dal ritratto (Maurizio Costanzo, Alberto Sordi) a soggetti floreali (bellissime le sue rose) fino a suggestivi paesaggi.
 
Lei però, non ci sta a fare l’artista rivelata, e anche se la mostra al Carmine continua a registrare uno straordinario successo, con numerosissime presenze ogni giorno, e anche la stampa nazionale se ne interessa (nei prossimi giorni uscirà un servizio sul settimanale Di Più), lei continua a non prendersi sul serio. Basta leggere l’ironica introduzione che ha scritto per la mostra: “Quando iniziai a capire che il Tintoretto non era il nome di una nuova lavanderia che avevano aperto sotto casa, e Raffaello non era un tronista di Maria De Filippi, sentii dentro di me che volevo fare dei quadri che erano Bellini. Mi trasferii subito in Mantegna perché la città mi aveva stancato. Mille dubbi assalirono la mia mente e mi domandai: ma chi Picasso mi credo di essere? E ancora: Masaccio dipingere o no? Insomma, non avevo le idee chiare: volevo il Botticelli pieno e il Perugino ubraico! Arrivai finalmente ad una conclusione, e cioè che per dipingere ci vuole il Caravaggio mio!”. Non solo, ma il calce aggiunge “la firma della mostra”.
 
“I miei quadri non hanno tecnica né stile – si schermisce – solo un po’ di cuore. Sono manifestazioni di quella che sono dentro, non ho nessuna velleità artistica. Solo che quando sono libera, anzichè andare in palestra mi metto a dipingere. Tutto qui”.
 
Quando hai cominciato a fare quadri?
 
“Dipingo da sempre, ma è un hobby che ho ripreso a coltivare in particolare da sei anni a questa parte, senza nessuna ambizione. Ma è vero anche che alcuni amici, vedendo dei quadri esposti a casa, non riuscivano a credere che li avessi fatti io”.
 
Come è nata l’idea di allestire una mostra personale?
 
“La colpa è tutta di Augusto Mori, dovete prendervela con lui! Io i miei quadri li avrei esposti al massimo nella taverna di casa mia. Certo, per me sono preziosi perché rappresentano quello che è il mio animo”.
 
Sei un’autodidatta?
 
“Sì, non ho frequentato nessuna scuola, e forse dovrei farlo. Ma davvero non mi aspetto le critiche di Vittorio Sgarbi. Forse sono un impressionista, perché i miei quadri quando li vedi ti fanno una certa impressione. Ma bisogna vedere che impressione è!”.
 
Cosa ti spinge a dipingere?
 
“La pittura e il disegno in me nascono come un gioco, ma anche come qualcosa di terapeutico. Sai, quando stai nervoso prendi un colore e lo metti su tela!”.
 
La mostra è inserita all’interno del Cantamaggio.
 
“E’ una bellissima festa. Io non amo molto la confusione, quindi alla sfilata dei carri mi trovo sempre un po’ defilata, anche se mi piace molto guardarli. E poi sono tradizioni che vanno conservate e reinventate. Io sono fiera di essere ternana, e la mia ternitudine cerco sempre di inserirla nel mio lavoro. Perché vergognarsi? Perché parliamo un ‘mbo così?”
 
Infatti sei stata l’unica a nobilitare l’accento ternano in televisione.
 
“Sì anche se adesso sto frequentando dei corsi di dizione per pulire un po’ la cadenza. Il mio manager me lo raccomandava da anni! Insomma per la dizione mi serve una sottrazione di accento. Ma al momento giusto, continuerò a tirarlo fuori. E poi io sono una tradizionalista, e anche se vivo a Roma, appena posso torno sempre a godermi la mia amata città”.
 
Ora sei reduce dal grande successo del monologo al Parioli.
 
“E’ stato un bellissimo regalo che mi ha fatto Maurizio Costanzo, una delle persone che devo davvero ringraziare per la mia carriera, insieme a Fabrizio Frizzi, Carlo Conti e più di recente, Lorena Bianchetti, che quest’anno mi ha voluto a Domenica In per l’unico spazio comico del programma, e che chiuderemo domenica prossima”.
 
Programmi per il futuro?
 
“A fine maggio porteremo il monologo in Val d’Aosta, e il prossimo anno torneremo al Parioli, anche se prima lo voglio rivedere alcuni puti. Per l’estate mi aspetta come sempre una lunga serie di serate e di spettacoli”.
C’è qualcosa che vorresti fare e ancora non ha fatto?
 
“Vorrei cimentarmi con ruoli drammatici, al cinema,  e soprattutto in teatro”.
Si dice che proprio i comici siano i migliori attori drammatici, e noi ci crediamo. E noi aspettiamo, certi della conferma.
 
Nata a Terni il 27 maggio 1973, Emanuela Aureli esordisce in televisione nel 1992 partecipando al concorso per imitatori “Stasera mi butto” (lo stesso dal quale è uscito anche Neri Marcorè) nel quale, quindici anni dopo, tornerà come giurata.
Il grande successo arriva tre anni più tardi su TeleMontecarlo con Aria Fresca in cui è affiancata da Carlo Conti e Giorgio Panariello e con Domenica In, del cui cast fa parte dal 1997 al 1999, anno in cui passa alla Buona Domenica di Maurizio Costanzo, che la chiama spesso anche allo show serale. Nel frattempo debutta al cinema (In principio erano le mutande) in radio (con Enrico Vaime prima e Lillo & Greg), nella fiction (Carabinieri) e nella pubblicità (con un’ironica Monaca di Monza introdotta da Renzo Arbore). Dopo sette stagioni a Canale 5 quest’anno ritorna in Rai, partecipando alla Domenica In di Lorena Bianchetti.
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