Da “Certi piccoli amori” a “Quando”. Veltroni 30 anni dopo

Nel 1995, per il mio 20° compleanno, qualcuno mi regalò il libro “Certi piccoli amori” di Walter Veltroni.

I miei amici conoscevano la mia passione per il cinema: in quel periodo avevo iniziato a frequentarlo regolarmente almeno una volta a settimana. Quello, poi, era l’anno di “Pulp Fiction” e “Forrest Gump”, di “Viaggi di nozze” e di “Il Postino”, ma anche di gioielli dimenticati come “Quiz Show” di Robert Redford e “Strane storie”.

Era, soprattutto, l’anno in cui il cinema festeggiava 100 anni.

In quel periodo io avevo appena iniziato l’università, ero innamoratissimo di Emanuela, con cui uscivo ma con la quale non ci avrei mai provato, perché non avevo mai baciato una ragazza e non sapevo letteralmente dove mettere le mani. La mia migliore amica era Eleonora; dopo aver fatto le elementari e i boy scout insieme ci eravamo ritrovati all’università e mi aveva presentato Valentina con cui diventai amico proprio perché venne alla mia festa di compleanno.

Sognavo di fare l’attore ma non avrei mai avuto il coraggio di fare il provino all’Accademia, avevo un giornalino tutto mio che tirava al massimo 5 copie e che usavo esattamente come in seguito avrei usato il blog e i social, e stavo girando il mio film con la videocamera di mio padre e l’aiuto di mio fratello e mia cugina Serena.

Terni aveva il suo primo sindaco di destra: Gianfranco Ciaurro, che sarebbe stato tradito dai suoi stessi assessori e avrebbe chiuso miseramente la sua storia.

Walter Veltroni era il direttore dell’Unità e aveva lanciato l’abitudine di allegare al giornale le videocassette. Un’idea geniale che avrebbe innescato una rivoluzione culturale pari a quella dei libri a mille lire. Improvvisamente i grandi classici del cinema diventavano accessibili a tutti, perché il prezzo era meno della metà di quelle che trovavi in videoteca, e quello che era fino a quel momento un bene di lusso diventava alla portata di tutti.

L’Unità, poi, ebbe anche il merito di restaurare e pubblicare per la prima volta in home video molte pellicole, come “Professione reporter” di Antonioni e – ovviamente – le opere di Nanni Moretti. Di cui – in qualche modo – Veltroni era il gemello e l’antitesi: l’uomo di cinema più politico e il politico più uomo di cinema. Stessa generazione. Stesso partito.

Solo che Nanni Moretti si sarebbe fermato ai girotondi e ai comizi, senza mai candidarsi ad alcuna carica. Veltroni, invece, si sarebbe davvero a fare il regista di commedie.

Il problema è che ognuno deve fare il suo mestiere. Nanni Moretti è un artista gigantesco ma sarebbe stato probabilmente un pessimo politico, e probabilmente proprio per questo ha deciso di limitarsi al ruolo di coscienza critica.

Veltroni, come politico, ha dato moltissimo alla settima arte: da ministro della cultura si è inventato il cinema scontato il mercoledì, da sindaco di Roma ha creato il Festival.

Il problema è che poi ha voluto farlo in prima persona, il cinema, come regista. Prima con i documentari, e poi addirittura con le commedie.

Il problema è che Veltroni ha un amore immenso per il cinema, ma non è un regista. E nemmeno un critico.

“Certi piccoli amori” fu una lettura piacevole, ma lo trovai profondamente naif.

Ora, io confesso di non avere grande stima dei critici italiani. Forse perché ho studiato critica, e ricordo che la prima cosa che ci spiegarono, alla prima lezione, fu: “Bisogna fare analisi. Mai dare giudizi!”.

I critici italiani, invece, non solo danno giudizi trancianti, ma si fanno quasi sempre guidare dai pregiudizi, parlando bene dei registi amici e male dei registi nemici.

Il problema è che Veltroni non dava nemmeno giudizi cinematografici. Dava – come il titolo stesso suggerisce – giudizi sentimentali, dettati dalla sua formazione ideologica.

Due passaggi mi sono rimasti impressi: “Arnold Schwarzenegger è imparentato – Dio solo sa come – con i Kennedy, e questo ne fa ai miei occhi una vacca sacra in India”, mentre la recensione dell’Esorcista ruotava tutta intorno al fatto che la protagonista si chiamasse Regan.

Non ho imparato molto da quel libro, se non che i politici non dovrebbero improvvisarsi critici cinematografici.

Sono passati 28 anni da allora. Emanuela ha sposato un altro, e ora ha due bambini ormai quasi adolescenti. Eleonora ha un figlio campione di scacchi, ha vinto due mesi fa 26mila euro all’Eredità e qualche giorno fa mi ha fatto vedere la casa che ha comprato in centro. Io invece mi sono sposato due volte, ma con la stessa persona, faccio il giornalista da 23 anni e dirigo il festival del cinema di Terni. I film li ho fatti solo come comparsa, ma ho scritto un paio di cortometraggi e prima o poi troverò il coraggio di mandare qualche soggetto in giro.
Terni ha il suo secondo sindaco di destra, ma è stato tradito anche lui dai suoi assessori, e non verrà ricandidato alle prossime elezioni.

Stasera sono andato a vedere “Quando”, secondo film diretto da Walter Veltroni, interpretato da Neri Marcorè, Valeria Solarino, e un’infinità di celebrità con piccoli ruoli: dal mago Forest a Stefano Fresi, da Gianmarco Tognazzi a Luca Vendruscolo.

E’ stata una visione molto piacevole – come piacevole è stato vedere tante persone in sala – ma l’ho trovato un film profondamente naif.

Mi ha fatto la stessa impressione di “Tre uomini e una gamba” di Aldo, Giovanni e Giacomo. Un prodotto ben fatto, una grande dichiarazione d’amore al cinema, ma fondamentalmente amatoriale. Un vorrei ma non posso. Anzi, un non dovrei ma visto che posso – perché qualcuno me lo fa fare – ne approfitto.

La storia non è particolarmente originale, visto che di fatto è un riadattamento di “Goodbye Lenin!” (anche se è formalmente tratto da un romanzo dello stesso Veltorni), ma lo sviluppo è molto, molto puerile.

L’idea che dà Veltroni – come i tre comici di cui sopra – è voler “rifare” quello che ha visto fare ai grandi maestri, ricreare quella magia che il cinema gli ha regalato. Il problema è che a regalargli quella magia sono stati grandi maestri della settima arte, non politici che si improvvisano registi.

Sia ben chiaro, “Quando” – a mio avviso – è un prodotto superiore alla media del cinema italiano: d’altra parte, già il fatto che non ci siano Edoardo Leo e Toni Servillo lo rende insolito e particolare.

Ma non basta voler fare qualcosa per riuscire a farla. Come non basta essere sinceri per essere autentici.

E “Quando” è un film totalmente fasullo.
A battute ben scritte e ben recitate si affiancano dialoghi imbarazzanti, siparietti stucchevoli, e soprattutto una sceneggiatura prevedibile, che sin dalla prima inquadratura sai già dove andrà a parare.

Le relazioni tra i personaggi sono forzate: in nome della tensione drammatica e dello sviluppo della trama si costringono i protagonisti a dire e a fare cose che nessuno direbbe e farebbe in quel contesto.

Non entro nello specifico per non spoilerare perché comunque – come già detto – il film è una visione piacevole. Però – direbbe un mio amico critico – Veltroni è un’incantavillani: bisogna essere davvero molto ingenui per commuoversi e altrettanto per ridere alle battute – tutte piuttosto scontate.

E’ la classica operazione nostalgia, tutta “ti ricordi le Big Babol? Ti ricordi quanto erano belle le sezioni del PCI?”.

E poi via con il “Che fine ha fatto Craxi? Berlusconi presidente del consiglio no maddai” e poi la satira sulla cucina ricercata dei ristoranti snob romani contrapposta a una bella matriciana nella trattoria der Cipolletta (qui siamo davvero dalle parti di Alberto Sordi in “Le vacanze intelligenti”) e poi l’immancabile “Bella ciao” cantata tutti in coro.

Il film scorre bene, tra piccoli momenti geniali (il personaggio di Tognazzi che si appoggia al pianoforte interrompendo la battuta della moglie è così realistico che si resta con il dubbio che sia stato un incidente avvenuto durante le riprese lasciato dal regista proprio per la sua naturalezza) e sketch davvero imbarazzanti (il cameriere di Fresi è davvero degno di un cinepanettone, il comizio/predica durante l’esame di maturità insopportabilmente retorico). E vogliamo parlare della suora bona che va al mare con il costume e il velo, e poi se lo toglie mostrando una lunga e bellissima chioma?

Alla fine, complice anche il livello dei politici attuali, viene davvero voglia di dire “Uolter, torna a fare politica!”.

(6 aprile 2023)

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