CESCO

No non era una santa, Chiara, ma certo era una vera cristiana. E noi cristiani di nome siamo fatti così: quando incontriamo un cristiano di fatto è più facile dire “ecco un santo!” che domandarsi se forse non dobbiamo rivedere un momentino la nostra vita cristiana.
La serenità era la caratteristica che invidiavo di più a Chiara. Non gridava mai, non si lamentava mai, ascoltava i problemi di tutti e sapeva sempre cosa dirti per confortarti; dei suoi problemi invece non parlava quasi mai, non che non ne avesse, ma era troppo altruista per parlare di se stessa con gli altri. Credo invece che la maggior parte dei suoi problemi li risolvesse in preghiera.
Ho sempre invidiato il suo equilibrio, la sua pace.
Lei, che aveva un fratello al cimitero morto di overdose.

Chiara era una ragazza in pace con se stessa e con gli altri, era in pace con il mondo e con la vita, questo dava armonia a tutta la sua esistenza.

Chiara era il perfetto contrario di Cesco.

Cesco era esasperatamente egocentrico, tormentato, incasinato e casinaro.
Se Chiara aveva sempre quell’aria serena, Cesco passava in pochi minuti da momenti di grande euforia in cui faceva il pazzo, cantava, ballava, raccontava barzellette, recitava versi e teneva allegra tutta la compagnia a momenti in cui si chiudeva in un cupo silenzio e tu ti domandavi che cosa gli avevi fatto, cosa gli era successo. Lo vedevi con gli occhi fissi nel vuoto, immerso nei suoi pensieri, nel mondo tutto suo che si portava appresso.
Nemmeno lui sapeva spiegare a cosa erano dovuti questi improvvisi cambiamenti di umore; dopo essere stato al centro dell’attenzione, diceva, dopo essere stato ‘protagonista’ aveva bisogno di mettersi da parte, di ascoltare, di guardare, di essere spettatore, di scendere dal palcoscenico e di mettersi in platea.
Io ho sempre avuto l’impressione che Cesco si chiudesse improvvisamente quando si accorgeva di non essere più al centro dell’attenzione di tutti; il suo carattere gli impediva di essere ‘normale’, di stare insieme agli altri come tutti gli altri.

Quando parlava con qualcuno, o parlava lui, preferibilmente di se stesso, o preferiva ascoltare quello che dicevano gli altri, senza prendere parte al discorso. Per dirla con i termini che usava lui: !Non sono capace di fare una parte qualunque, o sono protagonista o sono una comparsa!.
Si esprimeva sempre con termini teatrali o cinematografici; il suo sogno era quello di fare l’attore, o il regista, o lo sceneggiatore, o magari il presentatore televisivo, lo scrittore, il comico, il cantante, il ballerino, il giornalista… non lo sapeva neanche lui quello che voleva. Diventare famoso, questo voleva, era quello il suo sogno. Non importava come, l’importante era diventare qualcuno, andare in televisione, rilasciare interviste, apparire sulle copertine dei giornali, essere ospite al MAURIZIO COSTANZO SHOW.
“Io sono l’unico Vip sconosciuto!” diceva.

Diceva sempre che i soldi non gli interessavano, quello che voleva era essere conosciuto; il suo obbiettivo era firmare autografi. Gloria e fama. Fans. E realizzare i suoi progetti, questo era il suo sogno.
Era un grande sognatore, sognava tanto, e combinava poco. Non aveva ancora finito di scrivere la lettera da mandare a Maurizio Costanzo; era convinto che lo avrebbe chiamato: “I tipi strani li prende tutti, e se non sono strano io!”.
É strano, ma a volte ho pensato anch’io che sarebbe diventato qualcuno.
Cesco lo avevo conosciuto a scuola, eravamo in classe insieme ed eravamo diventati amici sin dal primo anno; mi sono domandato spesso come mai divenni tanto amico di Cesco, che era così diverso da me.
Forse perché così diversi ci compensavamo.
E forse perché… forse anch’io sono un po’ strano.
In comune avevamo un certa forma di isolamento rispetto agli altri. Ma la mia timidezza era legata più che altro ad una certa riservatezza, ad una estraneità rispetto agli altri, che cercavo comunque di vincere mascherandola come potevo, la sua era invece una forma di diffidenza nei confronti degli sconosciuti che lo faceva chiudere in sé stesso quando si trovava in ambienti nuovi e lo portava all’autoemarginazione.
In realtà, poi, per fare amicizia non ci metteva poi molto se si trovava in condizioni favorevoli: quando partecipava ad un campo, in una giornata si conquistava con la sua simpatia tutto il gruppo, a scuola, seduto cinque ore a sentire il professore che spiega e interroga aveva molte più difficoltà. E si chiudeva. Aveva bisogno dei suoi tempi e dei suoi spazi, doveva avere la possibilità di fare entrare gli altri nel suo mondo. Di cui era il Re.

A differenza di Chiara, Cesco non si interessava più di tanto dei problemi altrui, non che non sapesse ascoltare o dare dei consigli; non era egoista, ma era decisamente egocentrico. De sapevi prenderlo era un ottimo amico, ma se lo lasciavi libero non smetteva di parlare di se stesso, del suo carattere,dei suoi problemi, delle cose che gli capitavano, delle cose che faceva, dei racconti che scriveva, dei film che faceva con la videocamera, delle sue esperienze teatrali, delle liti con la sorella, e (soprattutto) delle sue pene d’amore. Aveva un grande bisogno di sfogarsi, di parlare; le sua chiacchiera si trovava a suo agio con chiunque si trovasse davanti, anche se aveva una predilezione particolare  per Francesca; Francesca era la sua migliore amica. Con lei poteva passare ore e ore a chiacchierare, a confidarsi, a discutere; parlavano di tutto, dalle cose più frivole a quelle più importanti, da quello che avevano mangiato a pranzo al senso della vita.

Soprattutto, però, d’amore. Cesco non era molto fortunato in amore; era l’unico di noi, con Chiara, ad essere arrivato a vent’anni  senza essere stato mai fidanzato. Ma nel caso di Chiara, era lei che aveva rifiutato (seppure in alcuni casi con perplessità e anche con sofferenza) tanti amori, mentre per quello che riguarda Cesco, beh, aveva preso, come diceva lui, molte fregature. Era un tipo molto romantico e aveva un grande bisogno di affetto; era innamorato quasi sempre e ricambiato quasi mai.

Cesco non era certo una gran bellzza, ma non era neanche un mostro, insomma… aveva due occhi marroni, un naso abbondante, una bocca fornita di due labbra di colore rosso chiaro e un numero imprecisato di capelli castani sempre scapigliati.
No, non era proprio brutto, ma non era neanche bello. Qualche ragazza che si era innamorata di lui c’era stata, qualche volta. Naturalmente Cesco si innamorava sempre di ragazze che nel migliore dei casi, lo stimavano e gli volevano bene, come amico.
In realtà di veri e propri rifiuti non ne ebbe mai, anche perché era troppo timido e troppo orgoglioso per esporsi troppo, generalmente si accontentava di tastare il terreno e poi… di soffrire.

L’ultima, e la più grossa botta se l’era presa per Annamaria, che, effettivamente, bisogna dire, era una ragazza veramente carina, e di un certo fascino. Ci aveva fatto una capoccia così con Annamaria, era proprio partito.
Annamaria, sì, gli voleva bene, ma non era minimamente interessata a lui, da quel punto di vista.
Fortuna che c’era Francesca, non si stancava mai di ascoltarlo.

Naturalmente lui non si dichiarò mai apertamente; piccole poesie semiserie, messaggi in codice (lei naturalmente non conosceva il codice), e sguardi incantati. Lei lo aveva capito, certo, poi lo sapevamo tutti, ma lui, niente, non glie lo disse mai apertamente.
"Tu Ce’, te devi sveglià! – gli dicevo io – finché non ti fai avanti non ci riuscirai mai a conquistare una ragazza, e poi ricorda, come dice Bicio: "E’ meglio dì che nun te l’ha data, che non glie l’hai chiesta!", e lui mi rispondeva: "Sì, intanto io però posso dire che nessuna ragazza mi ha mai detto di no!".

(estratto dal primo capitolo di un romanzo incompiuto – 1993)

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Un commento su “CESCO

  1. lunestelle il said:

    Io credo che ci sia un pò di Cesco e un pò di Chiara in tutti noi e viene voglia di sapere come va avanti la storia… Baci, Luna.

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