FENOMENOLOGIA DI JOVANOTTI E RAZZISMO CULTURALE

Risposta a http://ilbureau.com/la-banalita-del-bene-guida-alluniverso-di-jovanotti/

La verità è che ciò che non si perdona a Jovanotti è di essere Jovanotti.
Se lui scrive “E’ questo quello che sognavo da bambino / un po’ di apocalisse e un po’ di Topolino / un po’ di Hello Kitty e un po’ di Tarantino” allora “banalizza,… e rimescola concetti semanticamente complessi”, mentre se Umberto Eco dice che le sue letture preferite sono La Bibbia, L’Iliade, Topolino e Dylan Dog, allora è il più grande intellettuale italiano.
Se Rino Gaetano cantava “Gianna non credeva a canzoni o ufo / Gianna aveva un fiuto eccezionale per il tartufo” allora era un dadaista e un maestro del nonsense, se Jovanotti canta “Si vince e si perde, si pestano merde” allora si stigmatizzano le “misere architetture intellettuali dei suoi testi”.
Il problema, dunque, non è quello che Jovanotti fa, ma quello che è: perché – secondo i critici di Lorenzo –  accostare Topolino all’Iliade è intelligente, accostarlo all’Apocalisse è stupido. Il punto  – è evidente – non sta nell’accostamento in sé ma in chi lo fa. E’ questo io lo trovo assurdo: se un concetto è intelligente, se una poesia è bella non lo decido certo in base a chi l’ha formulato o chi l’ha scritta.
Umberto Eco è senza dubbio più erudito di Jovanotti, ma questo non lo rende, in sé, più intelligente. E’ sicuramente migliore di Jovanotti come scrittore, ma inferiore come poeta. D’altra parte, a ciascuno il suo mestiere. Quindi il problema, semmai, è che Eco non canta, mentre Jovanotti scrive libri. Ma vogliamo ricordare, allora, il disco di Manlio Sgalabro, in cui – peraltro – il celebre filosofo ha inciso una cover di Serenata Rap?Quanto alla levatura culturale, lo stesso Eco insegna che la cultura non è un insieme di nozioni, ma la capacità di elaborare le proprie conoscenze. E indubbiamente questo Jovanotti lo sa fare molto bene. Con una provocazione potrei arrivare a dire che, tutto sommato, come capacità di sintesi ed elaborazione culturale, i dischi di Jovanotti non hanno nulla da invidiare al “Nome della Rosa”. Entrambe sono opere postmoderne, piene zeppe di citazioni che ne fanno letteratura postmoderna. Con tutto il bello e tutti i limiti della letteratura post-moderna.Potrei arrivare a dire che secondo me Eco (come romanziere) sta a Manzoni come Jovanotti sta a De André.Sì, capisco che l’“eccessiva” popolarità di un personaggio dia fastidio. Eppure persino Nanni Moretti disse che Fiorello “unisce il paese”. E in fondo, se c’è un personaggio accomunabile a Jovanotti è proprio Fiorello.

Anche a me dà fastidio il “delirio di massa” che eleva “qualcuno a qualcosa che non è”, ma mi dà molto più fastidio quando non riguarda la musica leggera, ma questioni più serie, come a esempio la lotta alla mafia.

Vogliamo parlare di Roberto Saviano? Un ragazzotto che grazie a UN romanzo – un romanzo, non un libro di inchiesta! – è diventato un eroe nazionale, un drammaturgo, un conduttore televisivo, un guru delle masse e un vessillo della sinistra radical-chic, che si permette di pontificare su tutto e tutti, pubblicare libri che nessuno legge ma tutti comprano e disseratare per ore in prima serata su temi su cui non ha alcuna competenza.

E nell’Italia di un bluff come Saviano il problema è Jovanotti? Almeno lui è genuino. Magari naif, magari sopravvalutato, ma genuino. Almeno Jovanotti scrive libri, ma non è certo per i libri ad essere famoso (qui la differenza – ad esempio – con Fabio Volo. Ottimo conduttore televisivo, discreto attore. Peccato che sia famoso come scrittore).

E’ chiaro che il dibattito è tutto qui: se un prodotto vada giudicato in sé o in base al suo autore. Ovvero se il giudizio nei confronti dell’autore debba influire sul quello riguardo alle sue opere. Io lo chiamo pregiudizio, anche se tutti ne siamo vittime: io Coelho, per esempio, non l’ho mai letto proprio per quello che rappresenta. Magari è davvero un grande scrittore, non lo so, non posso dire di conoscerlo. E non posso dire di conoscere nemmeno Saviano come scrittore: mi basta il personaggio. Però non mi azzarderei a dare un giudizio critico sulla scrittura e la “poetica” di Saviano, non avendo letto i suoi libri.

Non sono d’accordo sul fatto che gli stimoli culturali possano e debbano arrivare solo da persone colte, anzi l’lo trovo abbastanza paradossale. Pensiamo a tutta la ricerca etno-antropologica, pensiamo alla cultura legata al folklore. D’altra parte da Dante in poi si sa che buona parte di ciò che noi troviamo nelle opere d’arte l’artista ce le ha messe involontariamente e inconsapevolmente.

Pensiamo anche al lavoro fatto da personaggi come Lucilla Galeazzi (una delle più grandi cantanti folk a livello internazionale il cui cavallo di battaglia è un canto delle operaie di Cinturini) o Vinicio Capossela, il cui ultimo progetto artistico è legato alla banda della Posta del suo paese. Ma penso anche, per dire, a Quentin Tarantino. O – appunto – allo stesso Sgalambro.

Non si tratta, quindi, solo di studiare dei popoli lontani, ma di capire che il confine tra cultura alta e cultura bassa, spesso, non è poi così scontato.

Poi non mi sogno certo di mettere sullo stesso piano Vacanze di Natale e Roma Città Aperta. Quello che dico è che Rossellini era un maestro perché aveva fatto Roma Città Aperta, non era Roma città aperta ad essere un capolavoro perché l’aveva fatta Rossellini!

E se Roma Città Aperta l’avesse fatta Neri Parenti, io direi che Neri Parenti è un grande artista.

D’altra parte il mondo è pieno di grandi artisti che hanno fatto delle cagate mostruose – basti pensare a Woody Allen, e di capolavori realizzati da artisti sconosciuti (o conosciuti solo per quel capolavoro – penso al Giovane Holden).

Purtroppo in Italia, siccome il “razzismo culturale” è molto diffuso: ci sono personaggi che campano di rendita tutta la vita per una sola opera (vedi Marco Bellocchio) e altri che pagano per tutta la vita un inizio “sbagliato” (io direi pure non convenzionale) come Jovanotti.

Ripeto, non voglio mettere in competizione il massimo intellettuale italiano con un artista discusso. Ma difendere il povero Cherubini da pregiudizi dovuti ai suoi inizi di ragazzo spensierato (spensierato ma – voglio aggiungere – sempre innovatore. Non dimentichiamo che ha portato lui il rap in Italia e che se è diventato famoso è perché aveva un modo di porsi mai visto prima).

Se Rino Gaetano (un altro geniaccio, secondo me) cantava “Gianna non credeva a canzoni o ufo / Gianna aveva un fiuto eccezionale per il tartufo” allora è un dadaista e un maestro del nonsense, se Jovanotti canta “Si vince e si perde, si pestano merde” allora si stigmatizzano le “misere architetture intellettuali dei suoi testi”.

Io non credo che Tiziano Sclavi abbia una statura culturale superiore a quella di Lorenzo Cherubini. Ma siccome Dylan Dog è un fumetto fighetto e lui faceva l’autore tenebroso e irraggiungibile è diventato una sorta di Maestro, mentre siccome Jovanotti stava in televisione a fare il buffone, qualsiasi cosa dica resta un buffone.

Eppure anche Roberto Benigni, fondamentalmente è ed è stato sempre un buffone. Badate bene, un buffone geniale, e io lo considero uno dei massimi artisti del nostro paese.

Come mai però, così pochi, hanno puntato il dito sulla banalità di “La vita è bella”? Come mai nessuno si scandalizza se pretende di insegnarci Dante mescolandolo alle battute su Berlusconi?

Con quale onestà intellettuale si potrebbe dire che Benigni sia una personaggio culturalmente più elevato di Jovanotti?

Non sarà mica che la differenza tra i due, sta nell’allineamento politico? Nel fatto che Benigni celebrava Berlinguer e ha sempre frequentato gli ambienti “bene” della cultura italiana?

Eco ha celebrato Topolino, i Puffi e Dylan Dog. Jovanotti no. Nanni Moretti ha pure inserito “Ragazzo fortunato” in Aprile, ma non ha mai avuto il coraggio di dire pubblicamente che gli piace. Come mai?

Probabilmente perché Jovanotti è troppo popolare per essere considerato colto, e troppo colto per essere considerato un oggetto “popolare” da rivalutare.

Insomma se Eco parla bene dei Puffi e di Topolino, fa bella figura perché tutti dicono: “Guarda Eco, è così intellettuale da trovare colto anche ciò che tutti considerano stupido”, mentre se Eco parlasse bene di Jovanotti, la gente direbbe solo: “Anche a Eco piace Jovanotti”. Poi la metà aggiungerebbe  “Allora Jovanotti deve essere intelligente davvero” e l’altra metà: “Eco si è bevuto il cervello”.

Io non dico mica che Jovanotti sia vittima di un complotto. Al contrario, come lo stesso articolo  postato evidenzia bene, Jovanotti deve parte del suo successo proprio perché al fatto che èun personaggio funzionale (e allineato) con determinati ambienti politici, che sono quelli della sinistra moderata, diciamo pure para-democristiana e popolare, insomma veltroniana-renziana. E proprio per questo suscita particolare antipatia negli ambienti della sinistra “storica”, postcomunista e radical-chic, chiamiamola pure bersaniana. Tanto più in tempi di primarie!

Lore yeah, quindi, è perfetto per Raiuno, assolutamente ideale per il buonismo allegro di Fazio, ma indegno dell’Olimpo dei cantautori di sinistra.

(Per la Dandini poteva andare benisimo quando metteva sul retrocopertina la bandiera di Cuba e andava a braccetto con Veltroni, sarebbe imbarazzante adesso che si è schierato con Renzi).

Poi che in Italia ci siano musicisti straordinari che restano sconosciuti perché non sono andati mai in televisione, ahimé è vero. Ma questa è l’Italia: dove le meritrocrazia non esiste. E’ il regno della televisione, sì, ma anche della raccomandazione e della cultura ideologizzata. Ma non ce la possiamo certo prendere con gli artisti di successo: è vero, senza televisione Jovanotti non sarebbe diventato nessuno, e senza gli amici di papà non lo sarebbe diventato nemmeno Verdone, e se non avesse frequentato certi ambienti, non si sarebbe inculato nessuno nemmeno Nanni Moretti. C’è qualcuno in Italia che è venuto davvero fuori dal nulla? Quanti sono a poter dire di dovere il loro successo esclusivamente al proprio valore e non ai “contatti giusti” e/o a un colpo di culo?

Io i “Pugni in tasca” confesso di non averlo visto: ho visto solo gli ultimi film di Bellocchio e quando me lo sono trovato davanti gli ho fatto un po’ di domande per capire se almeno lui sapeva cosa volessero dire e il risultato è stato che – no – non lo sa nemmeno lui, cosa fa. Fa i film solo perché, grazie ai Pugni in tasca si è guadagnato eterna gloria e può permettersi di fare il regista anche se non ha niente da dire.

D’altra parte viviamo nel paese dove Paolo Pietrangeli (anche lui – peraltro – figlio di papà) gode del rispetto di tutta la sinistra italiana perché quarant’anni fa ha scritto “Contessa”, e pazienza se poi per quarant’anni ha fatto il regista del piddiuista Maurizio Costanzo stipendiato da Silvio Berlusconi.

Per il resto, che le rime di Jovanotti siano banali, è discutibile. E il tuo giudizio è evidentemente viziato dal pre-giudizio nei confronti del personaggio. Personalmente mi riuscirebbe difficile sostenere che quelle di Rino Gaetano siano meno banali. Eppure è difficile sentir parlare male di Gaetano, oggi. Quando era vivo, invece – mi raccontano (io c’ero ma ero troppo piccolo) – che fosse molto disprezzato dalla critica. Troppo anticonformista, troppo disimpegnato: non era allineato politicamente, andava a Sanremo e al Cantagiro e per questo veniva visto, più o meno come viene visto oggi Jovanotti.

Poi è morto, è morto giovane, e allora è diventato un mito. Oggi può essere tranquillamente assimilato dagli ambienti radical-chic, è allora Gaetano è un grande. In Italia l’unico modo per farsi apprezzare da certi ambienti è crepare!



 

Precedente PACE Successivo ANGRY