2017

E’ stato un anno così lungo e intenso, il 2017, che anche per riuscire a farne il tradizionale bilancio ci ho messo due mesi e arrivo a raccontarlo quando è già passato il primo sesto del suo successore.

D’altra parte, per un singolare caso, verso la fine dell’anno ho smarrito l’agenda dove dal 1990 annoto tutto quello che mi succede e che ho ritrovato solo questa mattina.

Tra l’altro, anche l’agenda è stata un’anomalia dell’anno passato: da oltre dieci anni, infatti, quella ufficiale è la bellissima Giorni nonviolenti  pubblicata dalle edizioni Qualevita e che mi regala ogni anno Antonella Grimani. Nell’ultimo decenni ci sono state solo due eccezioni: e una è stata proprio nel 2017, anno che è rimasto senza accompagnamento nonviolento quotidiano, e annotato su un agenda dalla copertina nera acquistata in Polonia.

Nonostante il colore della copertina e il numero assai poco beneaugurante, però, devo riconoscere che per me il 2017 è stato un anno straordinario e magnifico:  Faticoso sì, tanto. Sofferto, anche. Ma la sofferenza e la fatica fanno parte della felicità, e non può essere altrimenti. E’ stato un anno di crescita, in cui da una parte ho imparato a lasciare andare le cose a cui sono legato, e dall’altra a ritrovare quelle che avevo perduto.

Tutto nuovo

Uno dei miei motti, da sempre, è che non si invecchia finché si continua a crescere. E si continua a crescere finché si fanno cose nuove. Sotto questo profilo, il 2017 è stato particolarmente fecondo:  il mio primo viaggio al di fuori dell’Europa, in India; la mia prima conferenza all’estero, a Breslavia, in Polonia; il mio primo soggiorno lungo fuori casa, per un’esperienza di volontariato a Notre-Dame de La Salette, in Francia, dove posso dire di aver davvero lavorato per la prima volta in vita mia. Lo confesso, da quando ho finito il servizio civile, ho fatto solo il giornalista. Che come diceva qualcuno, è faticoso, stressante, senza orari e senza festivi, ma è sempre meglio che lavorare. A quarantadue anni suonati ho scoperto – finalmente – che cosa significa svegliarsi alle sette di mattina per andare a fare le pulizie, e a lavorare sette ore al giorno a testa bassa, spaccando il minuto e accettando ogni genere di rimprovero senza elemosinare nemmeno un sorriso. A quarant’anni suonati ho imparato a vendere vino e birra in quattro lingue, a vincere la timidezza e a dare il resto giusto, usando le ore libere per studiare francese, o passeggiare in montagna, e la notte per fare il mio lavoro, quello per cui mi pagano: scrivere.

Sedici anni fa, per la prima volta, feci il passaporto, per poter raggiungere la mia fidanzata che viveva in Polonia. Poi la Polonia è entrata nell’Unione europea e il passaporto l’ho lasciato scadere. Ora, ancora per motivi sentimentali, mi sono trovato a farlo di nuovo e ad immergermi per la prima volta in una cultura totalmente altra, come l’India, rimanendone profondamente suggestionato. E devo dire che anche il viaggio intercontinentale è stato un altro battesimo del volo: passare dal giorno alla notte senza aspettare il tramonto, ma inoltrandosi nella notte dell’est, è un’esperienza tanto suggestiva quanto inseguire il sole allungando il giorno..

Un’altra cosa che ho fatto per la prima volta quest’anno sono le freganacce. Forse me lo sarei anche potuto risparmiare, perché il risultato non è stato proprio il massimo; ma vuoi mettere la soddisfazione di sentirsi cuoco per la prima volta in vita tua?

E’ stato anche l’anno della mia prima volta al Madame Tussaud, museo che sognavo di visitare da 29 anni e che – pure – mi ha lasciato un po’ deluso, trovandolo poco museo e troppo parco giochi. Infine, ebbene sì, è stato anche l’anno del mio primo tuffo. Pur essendo nato sotto il segno dei pesci, non non ho mai avuto molta confidenza con l’acqua, non andavo in piscina da vent’anni e non ricordo di essermi mai immerso in acqua se non lentamente e cautamente dalla scaletta o al massimo lasciandomi scivolare dal bordo. Ma mi hanno regalato un abbonamento in piscina, ed ero determinato a non sprecarlo.

Il 2017 è stato poi l’anno del mio debutto su whattsapp e su tutto ciò che significa smartphone. Pur restando ancorato al telefono tradizionale, infatti, ho dovuto accettare da Beata il regalo di un tablet che ha finito per cambiarmi la vita.

Grazie al tablet, peraltro, ho scoperto le dirette facebook rilanciando e dando una nuova identità ad Adesso in onda, il programma che ho condotto per 7 anni in radio e 3 in televisione e che aveva chiuso i battenti nel settembre 2015.

E’ stato anche l’anno in cui sono diventato vaconese: Vacone in Sabina è sempre stato il mio luogo dell’anima, anche se ci ho passato relativamente poco tempo. Fino all’anno scorso ci avevo passato al massimo venti giorni, in agosto. Quest’anno, rimasto senza casa, è stato naturale sceglierlo come mia sede permanente. E così, dopo quarant’anni di estati vaconesi, per la prima volta ho conosciuto anche le altre stagioni: la primavera, l’autunno, l’inverno rigido in una casa senza riscaldamento ma che mi riscalda il cuore più di ogni altro luogo. Trasferirsi a Vacone è stato come fidanzarsi con la ragazza di cui sei innamorato da tutta la vita. E anche se vivo da nomade e lì ci vado quasi solo il fine settimana, ormai quella è la mia casa. E davvero, è strana la vita: per quarant’anni sono rimasto lontano da quel posto per dieci mesi all’anno, e adesso anche solo dieci giorni mi sembrano un’eternità.

Castagna

Tra tutte le novità di questo 2017 la più importante è stata senza dubbio Lei. La mia ragazza.

Non ho mai avuto un cane, e nemmeno un gatto. A cinque anni ho avuto – per un brevissimo periodo – una papera, chiamata Oranga, morta di diarrea ancora cucciola. Poi, a dieci anni, a casa nostra arrivò una scoiattola: Poppi. Non era molto socievole, e massacrò di botte il nuovo inquilino della gabbia, arrivato un anno dopo per farle compagnia: Flip. Lo picchiò ma se lo trombò anche, e ci fece una cucciola: Poppina. Poppi e Poppina fuggirono dalla gabbia aperta dalla mia cuginetta Barbara più o meno nel 1990, mentre Flip visse mestamente da single altri tre anni, e poi morì. Fine.

I miei hanno sempre detto di non volere cani, e nemmeno gatti. Ma io, osservandoli, mi sono convinto sempre di più che era esattamente quello di cui avevano bisogno, soprattutto quando li vedevo prendersi cura dei cani di mia cugina, quando era in vacanza. Nella mia famiglia tutti hanno cani: chi uno, chi due, chi persino tre. Mancavamo solo noi.

Nella mia nuova vita vaconese ho avuto modo di fare amicizia con la famiglia allargata di casa Minicucci: Teti, la cagnetta di famiglia che aveva già avuto due cucciolate, ha sfornato cinque bastardini irresistibili. Io e Browny ci siamo subito innamorati, e il giorno di Natale ha fatto il suo debutto in Casa Casali, conquistando immediatamente tanto mamma quanto papà.

L’hanno ribattezzata Bea. Io preferisco chiamarla Castagna. Ma lei tanto non risponde, se non quando le fa comodo.

E’ una figura che ha stravolto completamente la mia vita. Ora sì, capisco chi ha un cane, e capisco che chi non ce l’ha mai avuto non può capire. Eh sì, ho paura di rammollirmi, perché mi sono innamorato. Bea Browny Castagna è bellissima, intelligentissima. E’ anche impegnativa come una fidanzata, perché pretende moltissime attenzioni ma… ecco, come volevasi dimostrare, ci stavo cascando.  Ma mi fermo subito. Comunque, sì, sono rincoglionito come ogni innamorato.

Non è mai troppo tardi per farsi un’infanzia felice

Nel 2017 ho realizzato i due più grandi sogni che avevo da bambino: diventare l’Uomo Ragno e avere E.T. per amico.

Sì, lo so. Sono un pazzo, ma non fa niente. Anzi, fa bene. Benissimo. Ed è un’esperienza che consiglio a tutti, quella di realizzare da adulti i sogni dell’infanzia.

Io sono sempre stato un fedele uomoragnista: ho sempre odiato Batman, tenuto a una certa distanza Superman, snobbato tutti gli altri supereroi. Spider-Man era la mia vita, e il mio più grande sogno, da bambino, era poter avere il suo costume. Non so per quanto tempo ho agognato la maschera: forse un anno, due al massimo, ma mi sembrò un’eternità: mia madre – ricordo – mi aveva comprato quello della Torcia Umana perché l’Uomo Ragno non si trovava. alla fine a dieci anni la ottenni. Ma con una certa delusione: perché il fascino di Spider-Man sta nel cappuccio: in quella maschera integrale, quegli occhi bianchi che lo rendono unico. Invece tutte le maschere disponibili negli anni ’80, non solo lasciavano scoperte mani e piedi, ma al posto del cappuccio avevano un cappellino ridicolo con la bocca scoperta e una mascherina nera tipo Zorro. Una frustrazione enorme, per un purista quale io ero già da bambino. D’altra parte di costumi integrali di Spider-Man, a quei tempi, non se ne vedevano nemmeno al circo. Per vedere un Uomo Ragno come Dio comanda ho dovuto aspettare 27 anni, con il film di Sam Raimi.

Eppure negli ultimi anni, prima nei tutorial su youtube, poi persino in qualche negozio, ho iniziato a vedere costumi filololgici. Sì, con guanti, stivali e – soprattutto – cappuccio integrale. E ho iniziato a provare un’invidia feroce per i bambini. Poi ho pensato bene di controllare su internet se esistessero anche maschere per adulti. Ed ebbene sì, esistono e ce ne sono alcune che hanno anche prezzi piuttosto accessibili. Detto fatto: l’anno scorso per carnevale ho potuto finalmente indossare – per la prima volta in vita mia – il costume di Spider-Man, quello vero – con gli stivali, i guanti, ma soprattutto, il cappuccio integrale con gli occhi bianchi. Sono stato orgoglioso di riscattare le mie frustrazioni di bambino,  e lui – l’Arnaldino di dieci anni, da laggiù, con il suo costumino umile (indossato, per l’occasione, da Beata) – mi ha ringraziato e abbracciato.

Ma non sapeva che il meglio doveva ancora arrivare.

Il 10 febbraio 1983, in occasione del mio onomastico, mia madre mi comprò un pupazzetto di E.T. Era appena uscito al cinema, ed era diventato subito il mio film preferito, trasformando Steven Spielberg nel mio mito. (E avendo appena visto The Post, devo dire che anche in questo caso, dopo 35 anni non ho cambiato idea).

E.T.  è stato, per me, qualcosa di più che un semplice film. Sono coetaneo di Drew Barrymore – che interpreta Gertie, la bimbetta – ma  anche se Henry Thomas ha 4 anni più di me, visto lo scarto tra le riprese e l’uscita italiana – per me era automatica la totale identificazione con Elliott.

Anche se il mio cuore non poteva non considerare E.T. – anche nella sua minuscola incarnazione che avevo a casa – un essere vivente, ovviamente sapevo bene che si trattava solo di un pupazzo creato da Carlo Rambaldi. Solo che se oggi so che in realtà la creazione di E.T. era frutto di molti effetti speciali diversi (nani travestiti, mimo, pupazzo semovente, robot) a quei tempi ero convinto, semplicemente, che esistesse IL pupazzo di E.T. E il mio più grande sogno, sarebbe stato quello di ritrovarmelo davanti.

Tre anni fa E.T.è stato anche il padrino del mio nuovo corso di giornalista free lance. Il Giornale dell’Umbria mi aveva appena licenziato, ero disperato e in cerca di nuovi lavori. Al Terni Film Festival organizzai una serata dedicata al Vangelo secondo E.T. e Gianluca Cerasola, direttore della rivista Worldpass e regista del film Astrosamantha, al festival per presentare il suo documentario, rimase così colpito da quell’argomento da chiedermi un articolo per la sua rivista, che segnò poi  l’inizio della mia collaborazione con Worldpass e della mai carriera di giornalista free lance. Per ringraziare l’Alieno decisi di comprarmi nuovamente un suo pupazzo e in quell’occasione scoprii che ne esisteva una versione a grandezza naturale, costosissima e fuori commercio. Non so come ma quest’anno mi sono rimesso a cercarlo su internet, e ho scoperto che era di nuovo in produzione. Così ho deciso di fare quella che in ternano si definisce una “paciata”; e me lo sono regalato per Natale, realizzando anche l’ultimo sogno del bambino che forse, non ho mai smesso di essere.

In viaggio

Tra vacanze, volontariato e lavoro ho realizzato che di 12 mesi ne ho passati  interamente a casa solo due: solo gennaio e aprile. A febbraio c’è stato Bussolengo, a marzo Milano e Zamosc, a maggio La Salette, a giugno Luino, a luglio Dublino e Londra, agosto ancora Bussolengo, settembre Nuova Delhi, ottobre Gubbio e Breslavia, novembre ancora La Salette e poi Bruxelles e dicembre ancora Bruxelles.

Tutto sommato  22 viaggi in aereo in un anno, non sono male per uno che fino a 33 non ne aveva mai preso uno.

Anniversari

Il 2017 è stato anche un anno di anniversari importanti e tutti celebrati piuttosto adeguatamente: trent’anni dall’uscita di “Bad”, il disco che mi ha cambiato la vita e impostato l’adolescenza che ho festeggiato, quasi involontariamente (non è stata mia l’idea) con una serata dedicata a Michael Jackson al Terni Film Festival. E’ stato il trentennale anche di “The Josuhua Tree” degli U2, e non c’era modo più bello che celebrarlo andando al concerto di Dublino, proprio a casa di Bono & Co. Anche se io, in realtà, gli U2 li ho conosciuti l’anno dopo, con “Rattle & Hum” (ad iniziarmi alla musica leggera, insieme a “Bad”, era stato “Who’s that girl” di Madonna), mentre un anniversario che non ha celebrato nessuno sono stati i vent’anni di “Pop”, forse il mio disco preferito in assoluto degli U2, ma che gli stessi U2 non amano affatto. Io ho cominciato a comprare i loro dischi due anni dopo, con il primo “The Best”, ma l’uscita di Pop mi aveva colpito così tanto, che avevo iniziato a provare una sorta di invidia per i fan degli U2 come il mio amico Massimiliano, che era andato anche al concerto. Percepivo che si trattasse di un disco davvero gagliardo e rimpiangevo – paradossalmente – il fatto che non me ne fregasse nulla. E’ un po’ lo stesso tipo di invidia che provo ancora oggi per i fan di Star Wars ogni volta che esce un nuovo film.

Passando ad anniversari più personali: sono stati vent’anni dal mio primo libro, la raccolta di racconti “Fuori dal muro” che nel 1997 mio padre stampò in qualche decina di copie delle quali – paradossalmente (ma a casa mia succede sempre così) a me non è rimasta nemmeno una.

Ma è stato soprattutto un decennale importante. Perché il 2007 è stato uno di quegli anni che hanno segnato una profonda demarcazione nella mia vita: è l’anno in cui è finita la storia più lunga e più importante che avessi avuto e l’anno in cui è nato questo stesso blog.

Nel 2007 ho conosciuto – grazie allo spettacolo teatrale “Gli innamorati ’50” della Compagnia Altromestiere, le cui prove iniziarono nel mese di agosto – le persone che ancora oggi rappresentano il fulcro del mio gruppo di amici. Nel 2007 ho comprato l’automobile: la mia amatissima Peugeot 107 Black Pisiu detta Nerina e il compleanno lo abbiamo festeggiato con un bellissimo incidente: un cinghiale mi ha tamponato alle tre di notte facendomi 2000 euro di danni che nessuno mi ha rimborsato, ma che hanno rappresentato l’occasione per dare alla macchinetta una bella ringiovanita.

Infine, nel 2007 sono andato a vivere a Collescipoli. L’anniversario, che cade il primo maggio, ho iniziato a celebrarlo con largo anticipo, con una radicale revisione dell’abitazione iniziata già alla fine di novembre del 2016: una massiccia campagna di pulizie e messapposto che mi ha visto andare ad esplorare angoli mai toccati prima: ho scoperto persino sportelli di cui ignoravo l’esistenza, buttato scatolette vecchie di 9 anni, riordinato e ripulito radicalmente gli spazi.

Peccato che proprio nel momento in cui è caduto il decennale – e cioè nel mese di maggio – la casa sia stata dichiarata inagibile a causa del terremoto dell’autunno 2016 e io sia stato costretto a lasciarla.

PandAddio

Un altro grottesco anniversario ha riguardato la mia prima automobile: la Panda.

Acquistata dai miei zii subito dopo il loro matrimonio, nel 1983, prima ancora di entrare in loro possesso per me era già un mito, perché zio Bruno – che si divertiva ad affabularmi con storie fantastiche – me l’aveva descritta come una Super-Macchina capace di volare e di andare in mare. Negli anni successivi mi aveva portato a caccia con quella macchina, e poi – nel 1991 – l’aveva comprata mio padre destinandola a me e a mio fratello, che stava per diventare maggiorenne. Così è stata anche la macchina delle prime uscite con gli amici, della mia scuola guida, del primo bacio, del primo amore, del primo – spettacolare e romantico – incidente, il 5 gennaio 1995, tornando alle 5 di mattina da Labro, dove la ragazza di cui ero follemente innamorato aveva festeggiato i suoi 18 anni.

Ridotta ormai a un catorcio e impossibilitata a rimettersi in moto, la Panda dal 2007 era rimasta ferma sotto casa. Il mio sogno era di farla ripartire, un giorno, e di utilizzarla come seconda auto. Per anni ho continuato a pagare l’assicurazione, opponendomi in ogni modo alla sua rottamazione. Il 2017  è stato l’anno in cui ho fatto i conti con la realtà e mi sono deciso a dirle addio, chiudendo una storia d’amore di 33 anni.  E’ stato un momento di crescita per me, perché io sono uno che conserva tutto, che non riesce a liberarsi nemmeno dalle cartacce.

Terremotato e nomade

Nel mese di maggio, proprio quando festeggiavo dieci anni da single a Collescipoli, è arrivata la Protezione Civile che ha dichiarato lo stabile inagibile a causa dei terremoti del 2016.

Più che interrompersi, quindi, quella storia decennale si è in qualche modo compiuta, e se ne è iniziata un’altra.

Siccome sto ancora aspettando – e sperando – che quella casa venga sistemata, ho deciso di non trovarmene un altra, di non traslocare; non ho nemmeno disdetto le utenze. Semplicemente, me ne sono andato. E sono diventato un nomade, un pellegrino. E devo dire che non mi dispiace, questa vita: non avere una casa, non dormire mai due notti consecutive sotto lo stesso tetto, essere sempre ospite, in fondo è molto francescano.

L’unico imbarazzo lo provo quando mi ritrovo a comprare qualche oggetto per la casa. E mi chiedo: “Sì, ma in QUALE casa lo metto?”. Di fatto tutte le mie cose sono rimaste a Collescipoli, ma il mio domicilio è a Vacone, la maggior parte del tempo lo passo a casa dei miei a Terni e per il resto sono sempre in viaggio. Ma è una vita che mi piace, quella del pellegrino. Mi ricorda che anche della vita, sono solo un pellegrino, e che nulla mi appartiene.

Love

Per la prima volta in vita mia, il mio problema non è stato trovare una donna, ma non trovarla.

Che detto così sembra piuttosto presuntuoso. In realtà non c’è niente da dire: so che può sembrare strano, ma di queste cose non mi piace parlare, perché l’amore – l’amore vero – non va raccontato, va vissuto.

E allora posso dire solo una cosa: non sono solo. Ed è ciò che fa la differenza.

Lavoro  – mi faccio in 8

Il 2016 aveva segnato l’inizio della mia nuova vita professionale. Tra il 2014 e il 2015 ho perso entrambi i lavori che ho fatto per quindici anni. Il 2017 ha confermato, consolidato e visto crescere tutte le novità dell’anno prima, da BenEssere al Festival del Medioevo fino al rapporto con il Vaticano. In più c’è stata una novità importante: la collaborazione con GoDigital che è partita un po’ in sordina e si è trasformata in un’esperienza sempre più importante.

Oggi devo dire di ritrovarmi nella posizione al tempo stesso stressante e stimolante, versatile e divertente, di fare 8 lavori diversi. Come dicevo prima, è pesante stare dietro a tutto, specialmente per uno poco multitasking come me, ma è sempre meglio che lavorare. vivo sempre più come un privilegio poter guadagnarmi da vivere con la scrittura.

Da segnalare, a proposito del Festival del Medioevo, l’intensa storia d’amore che ho avuto con Giovanna d’Arco: dovevo scrivere un articolo, ma sono rimasto così folgorato che ho finito per scrivere un romanzo breve. Un altro momento importante, è stato trovarmi allo stesso tavolo di relatore con un mio autentico mito – Jacques Dalarun – e fare amicizia con un altro, come Franco Cardini.

Salute

Ecco, posto che mai lamentarsi. Ma sicuramente l’età ha iniziato a farsi sentire seriamente: se il peso ha raggiunto il record massimo di 98 kg, ho iniziato – da settembre – a soffrire di terribili mal di schiena che a volte mi hanno persino impedito di dormire, mentre la pressione è tornata a farsi sentire in modo a volte allarmante. La dieta sempre più necessaria, non sono riuscito nemmeno a cominciarla. E questo, sì, è stato il più grande fallimento di quest’anno.

Vecchie e nuove conoscenze

Anche sul piano dei rapporti umani devo dire che il 2017 ha visto consolidarsi e crescere conoscenze del 2016 stringendo collaborazioni e rapporti di amicizia con persone meravigliose –  e penso soprattutto a Bussolengo e Trento – ma ci sono state anche tante new entry importanti, a partire da Breslavia e Barcellona.

E se qualche delusione, in amicizia, non è mancata, uno degli eventi di questo 2017 è stato il ritrovare un amico carissimo dopo 4 anni. Anche qui non dirò di più perché è una questione molto delicata. Ma quando sogni una persona per quattro lunghissimi anni e ti tormenti per quell’amicizia perduta senza un’apparente ragione, poterla riabbracciare sì, è un altro sogno realizzato.

Il 2017 è stato anche l’anno che ha deciso di portarsi via Michele, una delle persone più straordinarie che abbia mai conosciuto. Ma in fondo, se le sue condizioni si sono aggravate il giorno di Natale, l’anno si è concluso con la speranza di poterlo rivedere vivo, ed è stato il 2018 a cancellare quella speranza. Dell’anno finito mi resterà soprattutto l’ultima chiacchierata al telefono: quasi due ore in piena notte, in cui mi spiegò molto lucidamente che se ne stava andando: “Ogni giorno in più che vivo è un miracolo”.

Tra le nuove conoscenze artistiche, invece, non posso non citare i Coldplay, approfonditi lentamente nel corso dell’anno e poi esplosi a Natale con il regalo – da parte di Beata – della discografia completa. Una cosa che li affianca solo a Beatles, U2, Bob Geldof, Jovanotti, Capossela, Carmen Consoli, Myslovitz, Chopin e Bach.

Valentino

E’ stato anche un anno importantissimo sul profilo artistico. Il progetto “Valentino”, iniziato con l’uscita del libro del 2014, ha portato quest’anno moltissimi frutti: dall’idea di farne un albo a fumetti di Valentino Maltese (di cui per ora esiste solo la copertina, ma niente non è) allo spettacolo teatrale Valentino e il demone dell’eco diretto da Cecilia Di Giuli, interpretato con Mauro Cardinali e Silvia Venturi e andato in scena a luglio sul lago di Piediluco, dalla ripresa e la lavorazione entusiastica al secondo romanzo fino al progetto “La Rosa di San Valentino”: annunciato dal sindaco di Bussolengo nel 2016, quest’anno è diventato una realtà: nel corso dei mesi ho visto il logo ispirato alla copertina del mio libro associato a tortellini, monete, scarpe da donna, pantofole, pochette, magliette, asciugamani un profumo e una rosa ufficiale, selezionata per essere quanto di più simile a quella raccontata nel romanzo. Nemo patrono in patria: nel 2017 sono stato invitato tre volte a Bussolengo, accolto come una star.

Direttore artistico

Faccio parte dell’organizzazione del Terni Film Festival sin dalla prima edizione, e della direzione dalla seconda. In realtà, però sono direttore artistico dal 2014 e ogni anno lo sono di più. Ma mai lo sono stato tanto come quest’anno.

Per la prima volta ho avuto il controllo totale del festival, mi sono occupato personalmente di ogni dettaglio, sono stato responsabile di ogni successo e ogni fallimento. E’ stata un’esperienza galvanizzante, e anche profondamente stressante. Per la prima volta in tredici anni ho voluto firmare la presentazione sul programma. Metamorfosi è stata l’edizione che ho sentito più mia, nel bene e nel male, perché da una parte ha lasciato che il festival si identificasse con me e io stesso mi identificassi con il mio ruolo nel festival, dall’altra mi ha fatto sentire ancora di più la necessità di un rinnovamento, il bisogno di prenderne le distanze, di chiudere un capitolo e cercare strade nuove. Per la prima volta, alla fine del festival non mi sono sentito né gasato né e né depresso. Mi sono sentito, soprattutto, stanco.

Mi sono spaventato: perché il festival è cresciuto moltissimo, quest’anno. E mi ha fatto sentire molto piccolo, al tempo stesso orgoglioso e inadeguato. Consapevole di quanto sia necessario, adesso, un salto di qualità.

In ordine sparso

Ho scritto tanto, tanto, tanto. Tanti articoli, tantissimi post su facebook. Ho raccontato in diretta tutta la mia vita tanto da chiedermi cos’altro potrei aggiungere qui? Perché fare la fatica di stare a scrivere fino alle tre di notte cose di cui non dovrebbe fregare niente a nessuno, quando basterebbe copiare e incollare tutti i post – o almeno i più significativi – dell’anno?

E invece scrivo, e più che da facebook attingo all’agenda di cui sopra per aiutare la memoria di un anno iniziato in modo abbastanza squallidino (cenone fantozziano in un ristorante di Miranda) e finito nel modo più magico, in un teatro di Bruxelles a vedere una splendida versione di Canto di Natale.

C’è stata anche nel 2017 la neve, a Terni. Negli anni ’80 e ’90 era un evento memorabile, ma ormai evidentemente ci stiamo raffreddando in ogni senso. L’anno scorso le memorie le ho finite il 10 gennaio. Sì, quest’anno sono decisamente in ritardo.

Lettura della Bibbia: l’ho iniziata nel 1993 con la Genesi. Nel 2017 ho letto il libro di Tobia e quello di Giuditta. Tra le letture, Metamorfosi di Kafka e il bellissimo Le lacrime di Borromini di Fabio Bussoti. Ho fatto di nuovo la comparsa in un film storico: 1993, appunto. Facevo un leghista. Ma non mi sono rivisto. La cosa buffa è stata che quando mi hanno chiamato mi hanno detto di portarmi vestiti anni ’90. Così io mi sono portato i jeans larghi, la felpa, persino il telefonino. Insomma, i miei vestiti e miei accessori anni ’90. Appena mi hanno visto mi hanno detto che dovevano cambiarmi completamente: il fatto è che io nel 1993 avevo 18 anni e adesso dovevo interpretare un uomo di mezza età…

A proposito di comparsa, nel 2017 si è rotta anche una maledizione. Dal 2001, anno in cui ho debuttato al cinema con Pinocchio di Benigni, sono comparso in diversi film, ma tutti – ahimé – una volta pronti mi sono sembrati bruttissimi e in genere sono stati degli insuccessi, tanto da convincermi di portare sfortuna ai film in cui mi affacciavo. L’incantesimo è stato rotto, grazie a Dio, da In arte Nino di Luca Manfredi: un capolavoro.

Anno tormentato con la bici elettrica: è stato più quando non ha funzionato che quando ho potuto usarla. Sono riuscito comunque a farmi almeno una volta la Terni-Vacone. Tra le città che ho visitato per la prima volta Lublin, mentre una riscoperta è stata la piscina.

Tra i film più belli visti: Allied, Silence, The Founder, Kong, L’Ora legale, deluso da Omicidio all’italiana e GGG .

E a questo punto, direi che questo è tutto.

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