19 luglio 1992

Ho fatto questa foto 26 anni fa esatti, per la copertina del numero estivo del mio giornalino umoristico GFC.
 
Era il pomeriggio del 19 luglio 1992.
 
Avrei completato il numero giusto in tempo per portarlo al campeggio in cui avrei finalmente rivisto Roberta: la ragazza che avevo conosciuto un anno e mezzo prima ad una festa di capodanno e di cui mi ero follemente innamorato, pur senza averla mai rivista.
 
Il 23 maggio avevo saputo dalla cugina Chiara che anche Roberta sarebbe venuta al campo in montagna organizzato da don Roberto. Ero tornato a casa in preda ad una straordinaria eccitazione e con tanta voglia di festeggiare, ma giunto in sala avevo trovato la televisione accesa sul TG5 con la foto di Giovanni Falcone e la scritta “Ucciso”.
 
Non conoscevo bene quell’uomo: lo avevo visto un paio di volte in televisione, soprattutto me lo ricordavo tra gli ospiti della puntata congiunta realizzata da Maurizio Costanzo e Michele Santoro un anno prima, in contemporanea su Rai 3 e Canale 5, in onore di Libero Grassi. Mi ero interessato a quella serata soprattutto come evento televisivo, perché non era mai accaduto prima e mai sarebbe accaduto dopo che Mediaset e Rai facessero un programma insieme.
 
Due mesi dopo avevo dimenticato quel turbamento ed ero di nuovo in preda all’eccitazione, perché stavo finalmente per rivedere quella che consideravo la Donna della mia vita, ed ero convinto che quella foto così buffa con la sagoma a grandezza naturale di Francesco Salvi avrebbe fatto colpo su lei (e a pensarci bene, questo spiega molte cose sui miei scarsi successi in amore).
 
Proprio mentre mio padre scattava con la Polaroid, arrivò mia madre esclamando “Hanno ucciso anche l’altro!”.
 
Accesi subito la televisione e il telegiornale, in edizione straordinaria, stava annunciando la morte di Paolo Borsellino.
 
Io non l’avevo mai sentito nominare, Borsellino. Falcone sì, era famoso. Ma il nome di Paolo Borsellino, no, non l’avevo mai sentito. Però dicevano che era quello che aveva preso il posto di Falcone, o qualcosa del genere.
 
Non mi ero mai interessato di mafia fino a quel momento; il mio interessamento all’argomento si era limitato alla visione di “La Piovra 5”: quella in cui Vittorio Mezzogiorno aveva sostituito Michele Placido, il cui commissario Cattani era stato ucciso nel 1988.
 
Scattammo la foto, e diciassette anni dopo, quella foto, l’avrei mostrata divertito allo stesso Francesco Salvi. Non ci riuscii, però, a fare una faccia buffa. E l’angoscia di quel momento credo si legga ancora nei miei occhi.
Quella sera chiudendo il numero estivo di GFC, ci scrissi anche “i mafiosi sono vigliacchi”.
 
Una frase banale, lo so, detta da un diciassettenne che a tutto pensava tranne che all’impegno civile.
 
Ma quel giorno, sì, in qualche modo cambiò la coscienza di tutti noi.
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